Fabio Aru, che sarà operato all’arteria iliaca della gamba sinistra il prossimo weekend all’ospedale di Prato, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport racconta il suo dramma. Il corridore sardo da tempo non era più lo stesso e non capiva perché: “Ci sono stati dei giorni in cui in bici ero morto. Devastato. Terribile, e ancora più terribile non capirne il motivo. Ora mi dispiace molto fermarmi, ma provo un senso di sollievo, perché so che dopo l’operazione potrò tornare a essere quello che sono davvero. Facevo tanta fatica, mi impegnavo di più ma le cose andavano sempre peggio”.
“Ero sempre senza forze, e già l’anno scorso si è visto. Ero limitato, scomposto. Si vedeva la fatica che facevo, e il massimo era un decimo posto. Non era la mia dimensione”.
“Le sensazioni erano anche buone, magari. Come condizione di forma, mi sentivo bene. Ma nei finali ero vuoto. Dove non arrivavo con una gamba, caricavo di più con l’altra. Negli allenamenti, soprattutto a inizio stagione, lo sforzo è un quarto, un quinto, rispetto alla gara. Quel livello lo reggevo,o uno sforzo breve come una crono. Di più, no”.
“Ho i brividi a raccontare come mi sentivo. Quando mi è stata data la diagnosi, mi è venuto da piangere. Solo pochissime persone, una di questa è la mia fidanzata Valentina che vive con me, sanno quanto ho sofferto. Nonostante una dedizione incredibile, il non poter raggiungere minimamente il mio livello era frustrante, sì. Non ero Fabio Aru”.
“Ho sofferto come un cane, a vedermi così come sono stato negli ultimi tempi. Si poteva pensare che stessi male di testa, ma in realtà la testa è stata fortissima a sostenere tutte queste delusioni. Il miglior risultato è stato un quarto posto alla TirrenoAdriatico del 2018… non era possibile. Mille domande, mille dubbi. Avevo un limitatore e vedevo gli altri sfrecciarmi davanti. Ho avuto tante paure. Non mi fossi impegnato, ma porca miseria, io faccio tutto al centodieci per cento. Dei giorni ero veramente ‘morto’, devastato”.