I ciclisti professionisti urlano il loro dolore

L’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani urla tutto il suo dolore e la sua rabbia per la quotidiana strage che si consuma sulle nostre strade e, sempre più spesso, coinvolge chi è in sella alla propria bicicletta.

“Nei giorni scorsi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato la tragedia avvenuta nella discoteca di Corinaldo dicendo: ‘Non si può morire così’. Mentre uno dei nostri ragazzi a soli 18 anni lotta per la vita, lasciandoci con il fiato sospeso, riprendo le parole del capo dello Stato per ricordare che la violenza stradale è la causa maggiore di morte per i giovani sino a 30 anni – afferma Cristian Salvato, presidente ACCPI -. Al funerale di Michele Scarponi le massime autorità del nostro paese e del mondo dello sport avevano promesso un intervento concreto perché tragedie del genere fossero ridotte al minimo e invece, a distanza di quasi due anni, nulla è cambiato. Anzi, la situazione se possibile è peggiorata”.

“Due giorni fa Paolo Simion, ieri Samuele Manfredi, e oggi a chi toccherà finire falciato mentre sta pedalando? Magari non a un atleta professionista che in bici ci va per lavoro, ma a un bambino che usa le due ruote per andare a scuola, a una mamma che è diretta in centro per acquistare i regali di Natale o a un padre di ritorno dal lavoro. Dopo una decrescita fino al 2016, le morti sulle strade italiane hanno ricominciato ad aumentare. Nel 2017 sono morti 254 ciclisti su un totale di 3.378 decessi. Praticamente ogni giorno muoiono 10 persone in Italia sulla strada e ogni 34 ore muore un ciclista” si legge ancora nella nota diramata dall’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani.

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