L’intervento chirurgico a cui si è sottoposto Fabio Aru è perfettamente riuscito. Il corridore, a cui è stato inserito uno stent, un cilindretto di acciaio, nell’arteria iliaca della gamba sinistra per ripristinare completamente il flusso del sangue nella coscia e permettergli di spingere a piena potenza in salita, dovra osservare un mese di riposo assoluto, poi altri tre di riabilitazione e controlli. L’operazione però sta dividendo i medici. Il Corriere della Sera ha riportato le parole di Roberto Chiesa, direttore dell’Unità di Chirurgia Vascolare all’Irccs San Raffaele di Milano: “Io non avrei mai inserito uno stent nell’arteria di un ciclista, primo perché la letteratura scientifica è quasi unanime nel giudicare l’intervento controindicato, secondo perché anche con lo stent il muscolo psoas e l’arteria continuano a fare lo stesso movimento e la vena rischia di chiudersi e infiammarsi in breve tempo. L’unico intervento efficace che riconosco è quello chirurgico che prevede l’apertura della vena e la sua ripulitura. Mia opinione personale: non capisco perché un atleta di altissimo livello e la sua squadra non si siano rivolti o non abbiano chiesto un consulto a più voci in una grande struttura. Ma ciascuno è libero di farsi curare da chi meglio crede”.
A favore dell’intervento invece Paolo Raugei, chirurgo vascolare, che ha diagnosticato al sardo il problema al Nuovo Ospedale di Prato: “Il trattamento endo-vascolare negli ultimi anni si sta mostrando sempre più efficace oltre a consentire tempi di recupero rapidi e un graduale ritorno al livello precedente di performance. Io sono convinto che la stenosi dell’arteria iliaca sia un fenomeno molto diffuso tra i ciclisti ma poco diagnosticato, un po’ perché i medici sportivi non riescono a interpretarlo, un po’ perché gli atleti hanno paura di denunciarne i sintomi per non avere problemi contrattuali. Stiamo anche sperimentando un sistema di diagnosi veloce da applicare su vasta scala”.