Vincenzo Nibali in una intervista alla Gazzetta dello Sport racconta i suoi sogni per l’anno 2017. Il primo è vincere il quinto grande giro della sua carriera e raggiungere leggende come Alfredo Binda, Gino Bartali, Felice Gimondi: “Sono simboli di un altro ciclismo. Lontano, se non lontanissimo. Io ho visto tante immagini, ho letto un po’ di quelle epoche, ma credo di non essere mai riuscito a capire che sport fosse. Sa, a volte penso che avrei voluto essere un ciclista del passato, per capire davvero che cosa si provasse a esserlo. Immaginare è bello ma non puoi comprendere tutto fino in fondo”.
Nel palmarés dello Squalo finora 2 Giri d’Italia, 1 Tour, 1 Vuelta: “Averne ‘a casa’ già quattro però non è poco. Nei momenti difficili mi capita di guardare indietro e pensare ‘Dai, qualcosa ho fatto’. Il pubblico si aspetta sempre la vittoria e se non arriva sembra che hai fallito. Ma sconfitta e fallimento non sono sinonimi. E poi non sono più giovane, ho superato il giro di boa. Davanti ho meno anni da pro’ di quanti ne abbia già fatti…”.
“L’apice un corridore lo raggiunge tra i 30 e i 32 anni. Io vedo davanti a me 4 buone stagioni, e vorrei cercare di togliermi anche una bella soddisfazione in maglia azzurra, poi chissà. Ma non voglio pensarci adesso. Ho una squadra nuova, un grande progetto triennale”.
Il mito Fausto Coppi è a 7 grandi giri: “Non ci penso. Io ragiono un passo alla volta, come sempre. Fausto simboleggia il mito dell’uomo solo al comando. E’ una straordinaria fonte d’ispirazione ancora adesso, una leggenda non solo sportiva. E se non li avesse fermati la seconda Guerra Mondiale, lui e Bartali quanto avrebbero vinto in più?”.
La tappa preferita: “Non è facile ma forse scelgo un giorno in cui non ho vinto, quella del pavé verso Arenberg al Tour 2014, come il più speciale. Sempre a schivare cadute, il terzo posto di giornata con il consolidamento della maglia gialla, il mal di gambe che non se ne andava neanche la sera tardi”.