Elia Viviani è tornato sul flop al Giro d’Italia in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Quando hai in mente un piano e il piano cambia, ci resti male. All’inizio l’obiettivo era quello di andare in maglia ciclamino subito e arrivare fino a Verona. Quando ho capito che quella maglia, quell’obiettivo, era impossibile, è finito il mio Giro. Per me a quel punto, pur con tutta la volontà e il rispetto della corsa, finire il Giro poteva voler dire anche compromettere il resto dei programmi”.
“A livello di squadra è mancato qualcosa, lo avete visto tutti. In volate così, quando sono super, mi muovo e vinco comunque. Come quello della Vuelta dello scorso anno a Madrid, per esempio, dove sono partito dalla 20a posizione. Stavolta non ero super, non avevo quello gambe. Non andavo neanche piano, ma per vincere doveva andare tutto bene. Così non è stato”.
“Le difficoltà con la squadra? E’ un gruppo nuovo di lavoro. Sabatini si fida e non si fida di Senechal, perché non è Morkov, e a quel punto lì s’innesca la catena. Io perdo la fiducia in “Saba” e avanti. Che non eravamo quelli dell’anno scorso s’è visto chiaramente”.
“Ho dato troppo peso al declassamente di Orbetello. Mimsono ammazzato al pensiero. Non era la tappa in sé che mi bruciava, ma il piano che saltava, perché la ciclamino a quel punto diventava impossibile. Nella mia testa c’era già che sarei andato a casa, che il mio Giro era finito lì. Quello che ha comportato quel declassamento mi ha distrutto. Destabilizzato, ed è una mia colpa”.