All’alba del 2019, anno nel quale si disputeranno i Mondiali a Gwangju, in Corea del Sud, il nuoto italiano ha vissuto il dramma di Manuel Mateo Bortuzzo.
Una delle speranze azzurre ha infatti avuto la vita rovinata dall’ancora misteriosa sparatoria avvenuta la notte del 3 febbraio a Roma, in zona Casalpalocco, che causerà all’atleta classe ’99 la paralisi permanente degli altri inferiori.
Erano stati i primi passi della carriera di Manuel a far pensare che si potesse trattare di un predestinato.
Nato a Trieste nel 1999, Bortuzzo era una promessa del mezzofondo che ha condiviso allenamenti con campioni già affermati come Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti, sotto l’occhio vigile del tecnico federale Stefano Morini, anche se a occuparsi della crescita di Bortuzzo era soprattutto l’assistente Christian Galenda, che lo ha allenato anche al centro sportivo delle Fiamme Gialle di Castelporziano, quartier generale dopo che la passione per il nuoto aveva spinto Manuel a lasciare il Veneto (pur essendo di Trieste era cresciuto a Treviso) per allenarsi a Ostia.
Cresciuto nel Team Veneto e tesserato per la società Aurelia Nuoto di Roma, Manuel, ragazzo di 190 centimetri, si stava specializzando nei 400 (a 18 anni il primato era di 3”47) e nei 1500 che intendeva nuotare ai campionati assoluti, dopo una stagione condizionata dalla mononucleosi. Il primo episodio sfortunato di una carriera troppo breve.