Bruno Cerella e il suo ‘giving-back’.
Bruno Cerella ha raccontato a Sportal.it dei prossimi obiettivi della ONLUS di cui è fondatore insieme a Tommaso Marino e ha dato una sua valutazione sul basket italiano in questo momento storico.
Da ormai 10 anni, il cestista italo-argentino è impegnato nel progetto ‘Slums Dunk’, diventato ONLUS nel 2013, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi che vivono in aree degradata dell’Africa e non solo. “Non penso che la responsabilità sociale sia un atto dovuto, è tutta questione di ciò che una persona sente. E’ il mio ‘giving-back’, lo sport mi ha aperto tante porte nella vita e questo è il mio modo di ringraziarlo”.
“La nostra ‘mission’ come Slums Dunk è quella di riuscire ad avvicinare il mondo attraverso la palla a spicchi, grazie all’universalità del linguaggio dello sport. Trovo splendida la possibilità di accorciare ogni distanza comunicando non con la lingua locale ma attraverso il basket – ha detto la guardia di Venezia -. La ‘vision’ invece è sempre stata quella di riuscire a mettere piede in tutti i continenti, ad oggi ne abbiamo raggiunti 4. L’Africa è stato solo il punto di partenza: siamo anche in Argentina, stiamo creando una Basketball Academy in Cambogia e adesso c’è il nuovo progetto Playground Stelvio in territorio italiano che mira alla riqualifica del campo da basket in Viale Stelvio (MI). Il contesto è completamente diverso ma l’idea alla base è sempre la stessa: promuovere valori attraverso lo sport”.
Cerella si è poi soffermato sulla situazione attuale del basket italiano e della nazionale azzurra: “Negli ultimi anni la Serie A Italiana è tornata al livello di paesi top con l’arrivo di coach come Djordjevic e Messina, questa mentalità dovrebbe esserci anche in nazionale – ha proseguito -. Gli azzurri hanno grandi potenzialità e devono ancora giocare il preolimpico a Belgrado dove l’ostacolo più grosso fra le Olimpiadi di Tokyo e la nazionale allenata da Meo Sacchetti saranno certamente i padroni di casa”.
L’ex Olimpia ha poi dedicato una riflessione finale sul fenomeno in rapida espansione del 3vs3, che quest’anno debutterà anche ai Giochi: “Mi piace l’idea che diventi una disciplina olimpionica. Credo che abbia grande margine di crescita, è una disciplina divertente, dinamica e penso che ci sia sempre da imparare da chi pratica discipline diverse”.