Bruno Cerella tra imprenditoria sostenibile e il sociale: le iniziative Vivir DC e Slums Dunk

Bruno Cerella tra imprenditoria sostenibile e il sociale: le iniziative Vivir DC e Slums Dunk

Bruno Cerella, al suo ultimo anno da professionista alla Blu Basket 1971 Treviglio, ha raccontato a Sportal.it le iniziative imprenditoriali e sociali che sta portando avanti fuori dal campo da basket. L’italoargentino è il cofondatore di Vivir DC, una società di real estate, e di Slums Dunk, un progetto sociale che mira a migliorare le condizioni di vita dei bambini e dei giovani che vivono nelle aree economicamente e socialmente degradate dell’Africa.

Come è nata l’idea di Vivir DC?

L’idea Vivir DC nasce quando ho incontrato una persona nella mia vita che mi ha dato la consapevolezza di poter creare un progetto sostenibile nel tempo, creando una bellissima seconda parte della mia vita a livello imprenditoriale. Perché Giancarlo, il mio socio, prima che socio amico, conosciuto quando giocavo a Teramo nel 2009, dopodiché ognuno ha percorso la sua vita, io da sportivo, lui terza generazione di famiglia di immobiliaristi, di costruttori e io uguale terza generazione di famiglia di costruttori: mio nonno spagnolo, mia madre e adesso me. Però io da piccolo ho fatto l’atleta, ho sviluppato la mia carriera attraverso lo sport. Quando ho cominciato a immaginare di vivere in Italia, ho cominciato ad investire, a fare piccole ristrutturazioni a Milano e non solo, ma la parte operativa nel cantiere è una cosa che è fondamentale e questa è stata la mia fortuna: aver trovato Giancarlo ad un momento preciso della mia carriera, quando avevo deciso di vivere in Italia ed aver coltivato insieme una stessa visione, ossia quella di creare un progetto sostenibile, un progetto che non solo sia basato sulla costruzione quindi sul riqualificare una città dal punto di vista urbanistico, architettonico, ma di creare un qualcosa che sia un punto di riferimento sociale e che possa essere anche un’azienda che promuova valori attraverso quello che fa

Qual è lo scopo di questo progetto?

Lo scopo è quello di costruire, sicuramente noi facciamo interventi ex novo, andiamo ad intervenire in zone della città di Milano dove la città cresce e si sviluppa, ma dove ha tanti margini, soprattutto quando vai a costruire il nuovo perché magari erano ex zone industriali dove le abitazioni che c’erano non erano così appetibili come quel prodotto che andiamo a proporre noi con tutto ciò che riguarda le nuove tecnologie e l’efficienza energetica sicuramente così come gli ‘accessori’ di una casa (una palestra, una lavanderia, un’area coworking… tutto ciò che fa la qualità del vivere). Quindi è questo il nostro il nostro scopo e facciamo tantissima attenzione alla parte sociale, quindi sosteniamo progetti del territorio che vanno a riqualificare una piazza, che vanno a creare progetti sociali attraverso i quali si migliora la condizione di vita degli abitanti della città, quindi sosteniamo tantissime iniziative del territorio.

A che punto sono i lavori?

Noi abbiamo iniziato un percorso dove ognuno aveva fatto una sua storia, dopodiché abbiamo cominciato a costruire diversi palazzi in diverse zone della città: qualcuno è già stato consegnato, qualcuno è a metà dell’opera, qualcuno sta per partire. Quindi siamo in continua evoluzione, per fortuna questa evoluzione ci porta anche a una crescita, intesa dal punto di vista di struttura, dal punto di vista delle persone che accompagnano il nostro percorso, dal punto di vista finanziario. Quindi tante cose belle stanno accadendo e siamo contenti che una città come Milano ci offra queste opportunità.

Sei anche co-fondatore di Slums Dunk, che è partita dall’Africa ma è arrivata anche in Italia, dove ha da poco inaugurato un campo da basket a Legnano: avete già  in mente un nuovo progetto?

La nostra associazione non si occupa di costruire campetti altrimenti ne avremo 300 per il mondo perché in verità è semplice costruire un campetto: ti bastano dei soldini per fare un getto di cemento, due canestri e il campetto è fatto. Noi creiamo progetti sociali attraverso lo sport, quindi creiamo dei punti di riferimento per tante persone che possa essere in una baraccopoli del Kenya come a Bahia Blanca dove sono nato io in Argentina, come in Cambogia o a Milano, lo sport viene utilizzato come strumento di coesione sociale e come strumento educativo possiamo dire perché in tante zone del mondo un bambino non ha l’accesso allo sport come qui. L’educazione sportiva viene sicuramente affiancata all’educazione scolastica. Noi diciamo sempre che un bambino al posto di essere in mezzo alle droghe, alla prostituzione, alla criminalità, possa trovarsi in un ambiente sano, fare sport ed essere educato da allenatori sani che possano creare valore nella vita di queste persone, è una cosa molto importante. Quindi ogni posto del mondo dove interveniamo creiamo dei progetti sociali e studiando i bisogni sociali: per esempio in Argentina non posso andare a fare dei corsi di prevenzione della malaria se non c’è la malaria (esempio molto banale, ma anche vero), in Kenya seguiamo le bambine con gravidanze precoci, facciamo corsi di prevenzione di HIV, in Cambogia collaboriamo con un centro che si occupa di fare alimentazione per i bambini di strada, in Argentina facciamo pallacanestro con donne malate di cancro al seno, In Italia abbiamo creato dei punti di riferimento che servono a noi per creare eventi per avvicinare le persone allo sport, per avvicinare le persone a un ambiente sano, per promuovere i nostri progetti e per far sì che il territorio italiano non sia soltanto uno strumento di raccolta di fondi ma che abbia i propri progetti nel territorio. Quindi abbiamo creato un bellissimo giro e con tanti partner, che siano oratori, associazioni di quartieri, associazioni di genitori, scuole, scuole di basket, centri diurni della città, cioè è bellissimo tutto ciò che sta accadendo. Sono 12 anni di storia ormai, perché avevamo 22 anni quando abbiamo fondato Slums Dunk insieme a Tommy Marino e quindi se mi guardo indietro sono orgoglioso del percorso che abbiamo fatto.

Quanto ha aiutato lo sport, in particolare il basket, in questo senso?

Per noi lo sport è stata sicuramente una grandissima opportunità perché se oggi vivo la vita che vivo è grazie alla pallacanestro. Sono uscito da casa mia quando avevo 18 anni, vengo da una famiglia benestante ma comunque ho vissuto un’esperienza di vita fuori di casa, andando lontano a giocare a pallacanestro e per crescere dal punto di vista umano, responsabilizzarti. Lo sport penso che abbia quella capacità di creare un’opportunità che poi può essere approfittata per tantissime cose, non è detto che tutti questi ragazzi che toccano con le mani un pallone diventino campioni, ma sì che possano coltivare valore valori sani e possano coltivare un’educazione sportiva che insegna tanto per la vita, come per esempio la capacità di superare se stesso e non un avversario, che è la cosa principale quando sei uno sportivo, come la capacità di oggi cadere perché sia un infortunio, perché sia una brutta prestazione, perché sia una giornata no ma domani rialzarti, vincendo un titolo, facendo una grande stagione, una bella partita. E questo vale lo stesso per la vita, quindi penso che ci siano tantissime cose belle da poter applicare nella vita ma che insegna lo sport. Anche l’autocritica: è una cosa che tu quando sei uno sportivo lo vedi attraverso un video e non ti puoi nascondere davanti all’evidenza, invece davanti alla società noi tante volte tendiamo a metterci in una posizione di difesa davanti ad un errore, quindi lo sport insegna molto, insegna a essere altruisti, insegna a mettere tante volte l’amore davanti all’ego, che è accettazione della critica, accettazione dell’errore. Quindi crediamo fortemente, al di là di ciò che è fare un canestro o un tiro da tre punti, quanto lo sport possa fare bene alla vita delle persone.

Passando al basket, hai annunciato il ritiro, cosa ti aspetti dalla tua ultima stagione?

Da questa ultima stagione mi aspetto che mi rimanga nel cuore come tante altre stagioni, quindi io personalmente quando inizio una stagione mi fisso un solo obiettivo: essere felice in tutto ciò che comporta lo sport, essere felice anche nei momenti più difficili e in un infortunio, come in questo momento che sono fuori per un piccolo problema al ginocchio, ed essere felice e godermi i momenti belli. Quindi mi auguro che sia un anno che mi faccia completare la mia carriera con gioia. Ho un bellissimo gruppo, ho una squadra competitiva, mi sveglio ogni mattina con la voglia di andare in palestra e questo per me basta perché mi bastano le cose essenziali per essere felice e dare valore a tutto ciò che ho.  In verità, se poi vinceremo e andremo in serie A, mi ritirerò da campione e sarò felice però sappiamo che è difficile vincere, sappiamo che sono tante squadre competitive e noi siamo una di quelle costruite per provare a vincere, ma a prescindere che tu possa fare un campionato vincente, che significa divertirsi, che significa essere tutto l’anno in testa alla classifica, dopo alza il trofeo solo una. Quindi è difficile, vedremo cosa ci dice il percorso. 
La proprietà nei nostri confronti è stata chiarissima: loro ci credono, stanno investendo da diversi anni, per strutturare al meglio la società e per fare una squadra competitiva. La squadra c’è, ma ci sono tante altre squadre in Legadue che stanno provando a salire, è un anno particolare con 8, 9 squadre molto molto ben costruite. Lo vedremo strada facendo, vedremo quanto saremo bravi o meno però l’importante, io penso, che sia più il percorso che uno fa: se diventa un percorso vincente nel quale ci si diverte, si vince e si può essere la miglior versione di noi stessi perfetto; se invece diventa un fallimento, quindi che ci sono problemi all’interno della squadra, che non vinci, che le cose non girano, quello sarebbe un problema e non sarebbe bello, ma il gruppo c’è, le risorse umane dei giocatori ci sono perché abbiamo un bellissimo gruppo, quindi sono fiducioso.

Hai già pensato cosa farai da grande (una volta cessata l’attività professionistica)?

Allora partiamo dalla base: sono già grande, mi sento responsabile di tutta la vita che ho intorno, quindi se penso ai miei 37 anni ho sviluppato una vita che poche persone riescono a sviluppare. Da tanti punti di vista: magari non dal punto di vista della famiglia e questo lo dico senza vergogna ma lo esprimo perché è una cosa che mi piacerebbe, però dal punto di vista umano, dal punto di vista lavorativo devo dire che sono molto contento. Quando smetterò di giocare a pallacanestro ho una vita imprenditoriale molto interessante che mi fa divertire e che mi permette di vivere in un paese straniero dopo la mia carriera. Se tu pensi, nel 90% dei casi i giocatori stranieri che vanno in giro per il mondo per fare sport, finita la carriera tornano nel loro paese. Io ho voluto creare una mia opportunità qui per vivere in Italia, mi piace l’Italia, sono grato di vivere in un paese come l’Italia, quindi sono da una parte triste che finisce quella parte sportiva che secondo me è magnifica, non c’è niente di più bello che vivere di sport dal mio punto di vista, ma sono altrettanto eccitato, contento di iniziare una parte della mia vita dove sarò padrone del mio tempo cosa che per vent’anni non ho fatto. Poter andare a Capodanno in Argentina a salutare la mia famiglia, potere fare un weekend in montagna con gli amici a mangiare una grigliata, cose che fanno le persone che non fanno sport.  Questo mi rende felice, mi rende entusiasta, soprattutto perché sono stato lungimirante o non lo so, non posso dire fortunato perché l’ho cercata la fortuna, però sono stato bravo ad aver costruito un dopo carriera che mi permette di avere tante cose belle e di avere serenità nella mia vita.

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