Nonostante la convincente vittoria contro la ‘The Flexx’ Pistoia in campionato, l’EA7 Emporio Armani Milano continua ad avere difficoltà in Eurolega. Sportal.it ha sentito in esclusiva Enrico Campana, prima firma del basket e tennis, nonché capo dei servizi olimpici e inviato, della Gazzetta dello Sport, per analizzare la situazione in casa Olimpia.
Buongiorno Enrico, siamo ancora qui a parlare di una Olimpia Milano che, a conti fatti, fatica più del previsto a trovare continuità di risultati in Eurolega.
“Voglio cominciare con una premessa: non sono un oracolo o un chiaroveggente e non voglio fare polemica di parte ma voglio solo compiere un’analisi approfondita di questa squadra, vedere se i risultati corrispondono alla grande attesa dei tifosi. Sono troppi anni che una formazione italiana non arriva alle Final Four in Eurolega, ci è arrivata solo Siena che però non ha mai fatto la finale. E a proposito di questo, mi rifaccio ad una frase che tre anni fa pronunciò, e che io ho preso come una promessa, il presidente Livio Proli: ‘In tre anni la Coppa dei Campioni’. I tre anni, però, sono passai e io vorrei incominciare a vedere i risultati…”
Cosa manca perché l’EA7 possa ricoprire un ruolo da protagonista anche fuori dai confini italici?
“Secondo me all’Olimpia manca, al di là delle individualità, un giocatore-collante come poteva essere Mike D’Antoni. Al posto di Ricky Hickman, che adesso sta faticando, una soluzione concreta poteva essere Nik Raivio, un giocatore che può restare sul parquet per 40 minuti, con enormi doti difensive e che ha il senso della leadership. Lui, a differenza di tantissimi giocatori, è uno statunitense di quelli che vengono in Italia per starci almeno 10 anni. Gli americani di Milano, invece, sono tutti giocatori che scelgono la soluzione della ‘toccata e fuga’. Milano, che in questi anni è stata ‘passiva’ dal punto di vista contrattuale con i propri leader, ha bisgono di un giocatore bandiera. Poteva essere Alessandro Gentile ma, dalla incauta frase che ha pronunciato dopo la conquista dello scudetto, si è bruciato questa possibilità. Da quell’episodio è andato definitivamente in tilt il rapporto con la società: non si è infatti mai visto togliere i gradi di capitano dopo due scudetti per darli ad un altro che, a conti fatti, gioca davvero molto poco.
Come si può risolvere questo cronico problema?
“Ci sono stati diversi errori di pianificazione. Uno come Hickman, ad esempio, lo potevi prendere quando era in uscita da Pesaro. Negli anni al Maccabi ed al Fenerbahce, infatti, ha dimostrato di essere tutto meno che un playmaker. Soprattutto non è in grado di mettere a posto la squadra quando si trova davanti ad una difesa schierata e non può correre. Lo stesso discorso vale anche per Kalnietis… Alla dirigenza di Milano manca un po’ di esperienza a livello sportivo. Il Fenerbahce, ad esempio, è venuto in Italia per prendersi Maurizio Gherardini. Lui non opera nel nostro Paese perchè qui i presidenti vogliono essere protagonisti e non gli permetterebbero di lavorare al meglio. A Milano, poi, c’è Jasmin Repesa che è un grande maestro di pallacanestro ma che si fida troppo dei giocatori slavi. Lui non sonda a dovere il mercato a stelle e strisce, tagliando così fuori una fetta di giocatori provenienti da oltre Oceano che, magari, sono alla ricerca della possibilità di ri-lanciarsi in una squadra di altissimo livello europeo come dovrebbe o potrebbe essere Milano”.