Enrico Campana, per Basket Vision, ha descritto la figura di Tonino Zorzi e ‘La mia Itaca’, l’opera autobiografica del ‘Paròn’. “Da giocatore della UG Goriziana al cecchino micidiale del primo primo scudetto dell’Ignis Varese, al debutto da coach in A vincendo la coppa della Coppe con la Fides (o Ignis Sud), primo e unico torneo internazionale nella storia di Napoli e sfiorando lo scudetto – ha scritto il noto giornalista -. E poi l’epopea del coach errante dalla Laguna alla punta dello Stivale, le 5 promozioni, anche se gli è mancato il tricolore e soprattutto un cub da scudetto ‘annessi & connessi’. Ma poco importa, è destino ingrato dei cosiddetti ‘Seminatori d’Oro’ che sono i prescelti Tonino è stato, ed è, il Ranko Zeravika italico, il coach serbo che si vantava di non aver vinto un titolo ma di aver costruito i più grandi giocatori degli anni Settanta-Novanta di quella scuola, anche se a lui venne dato come premio la nazionale che vinse ai mondiali di Manila e Tonino fu il vice dell’Italia di Gamba in una delle poche medaglie degli ultimi 30 anni. Il suo è un viaggio attraverso settant’anni di basket, un atto d’amore nei confronti dello sport più bello del mondo, raccontato attraverso esperienze dirette e incontri con i più personaggi della pallacanestro italiana e mondiale. Non ha fallito l’appuntamento con la storia, è stato come per tutti gli studenti quel maestro che non si scorda mai. Ha insegnato il basket e quel che riesce a dare all’anima questo gioco terra-cielo a tante generazioni di giocatori e scoperto anche giovani allenatori, basterebbe il nome di Ettore Messina suo allievo a scuola e Vitucci quando allenava a Venezia”.
“La prefazione è di Sandro Gamba che ha avuto Tonino Zorzi come incisivo assistente al Mondiale di Buenos Aires del ’90 e nel più fortunato Campionato d’Europa di Roma nel 1991, con la medaglia d’argento alle spalle della Jugoslavia per l’ultima volta unita, ispirando la rimonta contro la Grecia per andare sul podio – ha aggiunto Campana -. ‘Scritto con l’immediatezza dell’uomo di sport consentendo al lettore un tuffo nel basket che è stato, ricreandone ambiente e condizioni ma anche l’evoluzione, dai tempi del pionierismo dell’immediato dopoguerra, fino a diventare disciplina di successo’, sottolinea il comunicato d Basketcoach.net, il suo editore. E bravo Paròn, simbolo del contropotere, della rivincita della tecnica sul fisico e dei fondamentali nella costruzione dei giocatori robots, maestro a volte burbero e brontolone con una sete di sapere e di esperienze, vedi nell’età vintage il golf amatoriale col soprannome di “Baleta” (copyright del compagno di gioco Giorgio Buzzavo). Spero nel suo libro sicuramente sanguigno di leggere dello sretto rapporto con Giovanni Borghi: era il giocatore più caro al Cumenda al quale è rimasto vicino fino alla fine; come del record di Dalipagic dei 70 punti alla Virtus Bologna “by Sandrogamba” con la sue Reyer (io c’ero quel giorno all’Arsenale) o della scoperta di Mabel Bocchi , la divina del basket, ad Avellino. Sono curioso di trovare magari anche scritto che la domenica, nei primi anni ’60 a Varese c’era un ragazzino che gli faceva da ball boy prima della partite casalinghe della Ignis primo scudetto 1961-62 perché la sua famiglia non poteva permettersi il costo del biglietto ed era l’unico modo per sfuggire ll severissimo cassiere. Quel ragazzino ero io. Arrivavo alla palestra dei Vigili del Fuoco ben due ore prima della gara (si giocava alle 17.30 su tutti i campi), le ginocchiere blu, e nell’impianto deserto lui tirava centinaia di tiri, un rito simile a quello di Drazen Petrovic che tende al perfezionismo utile e necessario. Dell’aneddoto, ovviamente, la cosa più importate è questa, caro Tonino: spiega infatti come ti ha permesso di strappare lo scudetto al Simmenthal che nel ruolo di guardia aveva un giocatore più famoso di te, Sandro Riminucci, l’Angelo Biondo e vincere giovanissimo il titolo di capocannoniere e 53 punti in una gara”.
“Post Scriptum – ha concluso Campana -. Tonino, grazie di esistere, a volte i miei giudizi non ti sono piaciuti, tua moglie me li ha anche sbattuti in faccia e nn so nemmeno perché, ma so la fatica che hai fatto per diventare quello che sei, ti ammiro e ci sono passato sopra. Però trovo il tuo titolo un po’ troppo omerico, non mi sembra che la tua storia sia quella di Odisseo che tornò alla natia Itaca per pugnare con i Proci dopo aver ideato l’enorme cavallo che decise la sorti della guerra di Troia, resistito alle sirene, ai naufragi, s’è beffato di Polifemo evitando di essere pasto per i lotofagi. A mio avviso erano più calzanti i panni di capitan Achab nella sua lotta estrema, violenta, con Moby Dick, la Balena Bianca, come raccontato da Melville. Credo che la mitologia greca sia troppo lontana e fantasiosa e un po’ obsoleta per i ragazzi di oggi o anche quelli nati dopo lo sbarco sulla Luna. La tua storia altri non è che la metafora di Achab, uomo indomito, che si cimenta nella più difficile delle sfide, solo nell’Oceano.. Anche se non so se il tuo Moby Dick sia quello scudetto come coach che non è mai arrivato o la nazionale che non ti hanno mai dato perchè fuori dalle lobbies. Anni fa, di fronte agi insuccessi azzurri ti telefonai per chiederti se non era il caso che Ettore Messina, il tuo allievo, ti invitasse a collaborare con lui come senior coach. C’era tanto bisogno di semplicità, di praticità, di insegnare i fondamentali… che gli schemi vengono dopo, sono la noia. E anche eri utile per allenare colleghi giovani noiosi e ripetitivi. Ricordo la tua risposta: ‘Eh sì, ne ho parlato con Petrucci, mi ha ringraziato, a lui la cosa stava bene ma non a qualcun altro’. Conservo ancora quegli appunti, non ho voluto coinvolgerti in una polemica che ti avrebbe nuociuto. Se analizzo però i risultati, nel frattempo quelli della squadra azzurra sono peggiorati.. “There she blows!-there she blows! A hump like a snow-hill! It is Moby Dick!”.