"Il presidente ha il vizietto di andare in panchina con la qualifica di accompagnatore della squadra".
“Tanto tuonai che piovve! Domenica a Torino la Fiat ha perso in casa con la Betaland per un autogol del suo stimato e appassionato presidente il quale ha il vizietto di andare in panchina con la qualifica di accompagnatore della squadra. Da anni dico che non è quello il posto dei presidenti. E qualcuno continua a fare oreccchie da mercante. Entrato in campo per far notare agli arbitri un’infrazione di passi degli avversari il “pres” è stato punito col fallo tecnico, però sul referto attribuito all’allenatore Vitucci in quanto la figura dell’accompagnatore è irrilevante in gara. I siciliani hanno avuto un tiro libero e rimessa. In una partita finita con 1 punto di differenza una turbativa del genere, capirete, ha deciso il risultato. Dell’episodio non si è occupato il Giudice Sportivo, evidentemente gli arbitri Biggi-Weidmann-Calbucci hanno pensato di non specificare la meccanica di quel tecnico. E qui si presenta un secondo problema, la compilazione del referto e il comportamento proprio degli arbitri del basket, non proprio rigorossissimo come quello del calcio. Sotto canestro valgono ancora usanze amicali, c’era stata una stretta al CIA negli anni scorsi che aveva migliorato questa area ( alea..) grigia e dò per scontato che il Commissario Tedeschi, pur coi suoi brevissimi trascorsi nel calcio come designatore di A, abbia rafforzato la difesa a tutela dei suoi fischietti, ma anche del gioco e della regolarità . Se non l’ha fatto, gli consiglierei di rassegnare le dimissioni perchè molti arbitri storcono il naso sul suo operato e non si sentono tutelati, vedi anche la gestione del caso di Paternicò. Al suo arrivo avrebbe dovuto alzare un muro per difendere i suoi arbitri, le regole e il codice d’onore per evitare di cadere in episodi come quelli di Torino. E l’imbarazzante caso dello scorso anno in cui il presidente di Brindisi, entrato in campo per protestare, dopo la sconfitta chiese un pesante stop per un arbitro intervenendo col suo peso di presidente di Lega ai massimi livelli. Se invece – come ci sembra – non ha affrontato questo andazzo, dovrebbe rassegnare le sue dimissioni.
NON PIACE2 (Camp) – Tornando a Torino,oggettivamente gli arbitri potevano raccontare per zelo di quel tecnico atipico mentre hanno ritinuto che tutto fosse finito con la decisione presa sul campo. Ma perchè metterli in croce, se non esistono norme chiare, se nessuno li istruisce, ha la personalità per gestirli nel solco delle regole?. Capisco poi che colpire un presidente di A lascia comunque un’amarezza e una traccia che non rende facile dirigere la prossima partita, specie con la stessa squadra. Ma questi ragionamenti non si fanno mai in Lega o in via Vitorchiano? Tanto poi è sempre colpa dell’arbitro, come sostiene – senza misura e stile – anche qualcuno che siede su uno scranno importante nel Consiglio Direttivo. Da anni sostengo che la Fip, tramite il CIA, dovrebbe impedire ai presidenti di andare in panchina usando stratagemmi “evantini”. Come segnarsi a referto ne ruolo di addetti al tavolo o accompagnatori. Questa invasione di campo di Torino abbassa l’autorevolezza, e rende più difficile il lavoro degli arbitri e può configurarsi benissimo, nelle intenzioni, in un tentativo di plagio subliminale. Fior di stimati professionisti cui il basket deve molto, subiscono inevitabilmente il transfert della gara. Gli arbitri con un’associazione di tutela, non dovrebbero provvedere loro stessi a chiedere che i presidente del campo “extra moenia” non stiano più in panchina o al tavolo?. Una richiesta che dovrebbe partire anche dagli allenatori. Rudy D’Amico ai tempi di Tel Aviv aveva un presidente irascibile, fastidioso, che nei time-out entrava in campo con la squadra. Innervosiva i giocatori e gli arbitri e gli impediva di concentrarsi e di far bene il suo lavoro. Ebbe il coraggio di chiedergli cortesemente di sedersi da un’altra parte. Il Maccabi vinse la coppa dei Campioni, ma lui perse il posto. Unico caso al mondo di un coach messo alla porta dopo aver vinto il massimo trofeo continentale”.
“Morale della favola? Il fatto di Torino in fondo è ridicolo, ma anche molto serio. Tirando le somme, alcune implicazioni possibili oltre alle polemiche e al danno autolesionistico: il passo falso può costare i playoff, non piacere agli sponsor, provocare un calo d’immagine, incrinare i rapporto fiduciario con il coach e la squadra. E tocca il portafogli dei professionisti, in un mondo di contratti ad incentivi e bonus, è pericoloso. Soprattutto agli stranieri, in alta mobilità, non piace rinunciare al premio-partita, e e non lottare per lo scudetto li declassa sul mercato internazionale”.
A cura di Enrico Campana