Lo slogan della stagione dettato dall’Euroleague era “Un anno all’insegna dell’ottimismo e ricco di prospettive”. Eppure alle spalle c’era la brutta estromissione nel girone eliminatorio (3/10) e il travaso pari deludente in Eurocup, con l’eliminazione nei quarti di finale per mano di Trento. Ma tutti pazzi per l’Olimpia, strepitoso successo ai botteghini con 3 esauriti da 12.331 spettatori e quasi 10 mila di media, un inizio scoppiettate, 4/3 e poi 8 sconfitte desolanti, il club più titolato e popolare d’Italia sembra una nave imprigionata dai ghiacci del Polo. Prima di tutto le cifre, la stagione va divisa in due parti, 7 gare di cui le prime due vinte, seguono tre sconfitte, poi altre vittorie e il filotto-record in negativo di 42 giorni, una ogni 5 giorno e l’ultimo posto in classifica per chiudere l’anno bisestile del basket italiano. Non, forse, la nostra Spaghetti League? Dove tutto finisce a tarallucci e vino, dove la ricostruzione è affidata a figure autoreferenziali che hanno fallito da anni e brave a organizzare parate, premiazioni, ma la realtà vede l’Italia n.35 del ranking mondiale e 15 europeo.
La stagione europea ha una stridente dicotomia. La parola alle cifre, nelle 7 gare iniziali la media-punti dell’Olimpia è di 92,28 segnati e 91,85 subiti, seguono 72,34 segnati e 84,62. Vale a dire un calo di quasi 20 punti in attacco. Un vero cedimento strutturale. Paradossalmente la difesa è invece leggermente migliorata con 7 punti in meno, non fosse che l’impressionante catena degli insuccessi ridicolizza il dato.
Se per lo scrittore Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”, l’Olimpia si è fermata a Belgrado. Il calendario – guarda la coincidenza – segna la data del 17 (novembre). Quel giorno Gentile è il migliore con 14 punti, non ci sta a perdere, soffre per questo, poi succede che nel dopo-gara e soprattutto l’indomani con un ritorno in Italia “dopolavoristico”, a scaglioni, per consentire al gruppo slavo di partecipare a un banchetto e prendere l’ultimo volo del giorno, è qualcosa di “secretato”. Le chiacchiere volano, Repesa non va in panchina la domenica a Cremona (il club parla di influenza) e col vice a guidare la squadra, i campioni d’Italia per un soffio non subiscono la prima sconfitta in campionato contro l’ultima della classe. In quei giorni, convulso e chiacchierato, matura il discusso e imprevisto divorzio (che poi si trasforma in una separazione-prestito al Panathinaikos) del capitano dei due scudetti, ripudiato dal suo presidente-mentore (e ripagato dal giocatore con fotomontaggio su Instagam) dopo una luna di miele di 3 anni. Si trova la soluzione del prestito al Panathinaikos ufficializzato e benedetto dalle parti – per motivi economici – dopo l’ultima partita il 24 novembre col Fenerbahce.
A Belgrado l’Olimpia arriva con 4 vittorie e 3 sconfitte. Parte bene (14-19 nel 1° quarto) e poi cala progressivamente negli altri 3 subendo un -18. Col Fenerbahce l’ ultimo quarto è tragico (7-21) dopo un 3° tempo foriero di buoni auspici (parziale di 27-14). Il pubblico non se la prende con Gentile ma aspetta di sapere cosa è successo nel sancta sanctorum. Stesso copione la settimana dopo a Kazan, sulle rotte di Marco Polo. Il crollo nell’ultimo quarto. Una resa indecorosa (10-27, 100 punti, -21 di scarto) con l’ultima della classe trascinata da un certo Keith Langford. Uno dei maggiori errori nella storia del club (e in precedenza anche della Virtus Blogna): il top-scorer di questa Euroleague non venne confermato (come Curtis Jerrells autore dell’ultimo canestro del primo scudetto dell’era Armani..) perché nella vulgata si diceva che facesse ombra al capitano.
Nel default, anche l’ultima sconfitta matura nei 10 minuti finali, l’autarchico Zalgiris che non ha americani il parziale di 14-22 marca il distacco finale di 8 punti per le triple di Milaknis (notare la radice meneghina del cognome del carneade lituano). Cambiando l’ordine dei fattori, comunque, il prodotto non cambia. Nel doppio impegno della scorsa settimana la sconfitta casalinga col Panathinaikos arriva nel mezzo della gara, parziale di 21-48, con 8 punti recuperati nel platonico finale (30-22). Col Barcellona decimato dagli infortuni, 48 ore dopo parte ad handicap (12 punti, 19-32, -19 al 3° quarto) e nuovo ultimo quarto platonico (17-24). Sul campo del Galatasaray che ha problemi con gli americani per i ritardi negli stipendi e sotto osservazione dalla Commissione Economica dell’Euroleague (l’ingaggio di Fitipaldo fa capire che la situazione si sarebbe normalizzata) il copione è invece una partenza da lumaca. Il distacco di 13 punti all’intervallo viene ridotto nel terzo tempo (19/27) ma l’acuto finale c’è. Ma non è abbastanza per i due punti.
Con i campioni d’Europa, altra occasione favorevole: il Cska senza Teodosic e De Colò, re degi assist e MVP della stagione scorsa, passa a Milano con un parziale di 43-26 dopo l’intervallo. Rottura prolungata dell’Olimpia, stavolta alla fine col minimo stagionale (64 punti). La sconfitta fa capire che non è da corsa questa squadra a dispetto di una stagione di eccessivi ottimismi e di un roster con alcuni giocatori da mercato dell’usato e di endorsement avventati. Fa cui i più illustri: e se Petrucci calza le scarpette rosse alla festa degli 80 anni, il suo ct per corrispondenza, la mette fra le favorite influenzando l’opinione pubblica e la critica e addirittura la gara con Torino viene interrotta per mezz’ora per far passare dalla Rai i momenti della epopea biancorossa. Una cosa che non si era mai vista nella storia del basket.
Tante sono le cause che hanno portato un mese e mezzo di sconfitte (17 novembre-29 dicembre) alle quali si aggiungono anche le ultime di campionato a Venezia e con la Grissin Bon senza Della Valle e Stefano Gentile. E al Madison di Bologna, non sul proprio fortino reggiano, risultato che ha riaperto la danze in campionato quando un bello spirito ha buttato lì questo concetto: “L’Olimpia ha già vinto quando ha finito di allacciarsi le scarpe”. Innanzitutto la vicenda di Gentile che ha due diverse angolazioni umorali e nasce da uno dei tanti errori ai vertici del club, non ultimo la promessa di Proli di riconquistare la coppa Europa entro 3 anni quando siamo quasi al 5°. Quando cominciava a filtrare il caso Gentile, poi platealmente degradato, scrissi che bisognava risolvere immediatamente il problema, col pericolo di trascinarlo per tutta a stagione e rischiare anche lo scudetto.
Trattenuto con un triennale di parecchi milioni nonostante in Tv il capitano controverso dichiarò, pochi minuti dopo il secondo scudetto, di voler andare nella NBA. Il club avrebbe dovuto fare delle verifiche sulla reale possibilità di entrare nel roster dei Rockets, tanto più che l’ex braccio destro di Proli, Pascucci, era passato nello staff della franchigia texana, ispiratore della chiamata nel draft di Gentile jr, e dall’atteggiamento ambiguo tenuto dai Rockets. Che l’ha scelto per bloccarlo cercando – nuovo errore – nell’ultimo mercato estivo di cedere la sua “seconda scelta”. Pascucci in seguito ha lasciato Houston, Proli ha mai chiamato il presidente di Houston o il general manager Morey per capire se c’era una reale intenzione o invece se la chiamata al draft con un numero alto era un gioco tattico, utile a tutte le parti in commedia per finire sui giornali e far salire le quotazioni dell’ultimo azzurro. Lui nella NBA ci può stare certamente senza il cappello texano e se si fosse ritirato dal draft oggi avrebbe la possibilità di firmare per tutti i 30 club, non essere bloccato da uno solo (Houston) con un vantaggio economico derivante dalla libertà di mercato e di un incentivo che dipende solo da se stesso. Quello di migliorarsi e tradurre in soldoni il frutto del suo lavoro.
Oltre a questo “casus belli” emergono altri argomenti, strettamente tecnici, per trovare le ragioni di un “black out” storico alle 8 sconfitte cui potrebbero aggiungersene altre. Il calendario del ritorno prevede infatti 8 gare esterne e 6 casalinghe e l’Olimpia torna al Forum solo il 25 gennaio con l’Olympiacos e comincia il 2017 con le trasferte in Turchia (Fenerbahce 6 gennaio) e Mosca (Cska 13 gennaio). La metamorfosi di Gentile, mal gestita da Repesa e dal suo presidente, in pratica significa questo depauperamento: una prima star, un match winner, gioca da un’altra parte e l’Armani ha un giocatore in meno. Era inoltre la diga fra il gruppo italiano, oggi “carne da macello” (con lo Zalgiris 4 punti e -5 di valutazione del quartetto azzurro : 2 punti e 0 valutazione per lo starter Pascolo, 2 punti e -2 Fontecchio, nessun punto e – 1 di Abass e -2 di Cinciarini) e il blocco dai 5 slavi e 3 americani.
E quindi adesso oltre al problema del play (16 punti Kalnietis ma 0 assist e 1 rimbalzo e 5 perse con l’ex squadra, Hickman è più guardia, Cinciarini evanescente, 2 volte starter su 8 gare, 0,9 assist , 1 rimbalzi, 0,9 valutazione) e a quello del centro (Raduljica nessun punto, nessun tiro, 4 perse e 2 rimbalzi con i lituani, la cui… visibilità è dovuta oggi al ruolo di testimonial dello sponsor turco delle merendine sul sito di Euroleague), e quindi c’è una casella strategica nel roster da riempire ma in quale ruolo? E’ per questo che sono già passate 3 settimane da quando l’Olimpia ha detto di essere sul mercato, e adesso tentenna sperimentando nuovi quintetti quando siamo a metà stagione?
A cura di Enrico Campana.