L’EA7 Emporio Armani Milano è la prima finalista della Serie A Beko. I biancorossi hanno piegato al Taliercio la Reyer Venezia in una delicatissima gara 6 di playoff, cancellando l’eliminazione della passata stagione per mano della Dinamo Sassari.
Sportal.it ha interpellato in esclusiva Enrico Campana, prima firma del basket e tennis, nonché capo dei servizi olimpici e inviato, della Gazzetta dello Sport.
“Gentile lo aveva detto dopo la prima gara della serie: ‘Senza la difesa non si va da nessuna parte’. Ed in effetti il successo di lunedì è arrivato proprio grazie alla difesa ma anche grazie a Gentile stesso che ha messo in luce sprazzi del proprio talento. Anche quando ha tirato 0/10 il capitano biancorosso ha poi sempre messo le pezze realizzando le giocate necessarie per vincere”.
Per Milano è prevalsa la profondità del proprio roster: “Quella del turnover è una strada che nella pallacanestro italiana è molto difficile da seguire perchè ci sono tante squadre ‘mosaico’ che uniscono statunitensi, slavi, sudamericani ed italiani ed è difficile trovare l’alchimia giusta. Alla fine si rischia di dover lasciare in panchina il migliore giocatore nella gara precedente come è successo con Rakim Sanders”.
Forse a Venezia si aspettavano di più da Pargo: “Venezia dopo la prima partita in cui ha prevalso l’effetto sorpresa, ha comunque sempre fatto molto bene perchè Milano non ha mai dato l’impressione di essere superiore. Venezia mi ha sorpreso perchè ha scelto uno come Pargo, giocatore con un passato importante tra Maccabi ed NBA, ma non l’ha gestito bene. Allora perchè prenderlo? Non voglio gettare la croce addosso a De Raffalele, ma non c’è stata la giusta valutazione sul giocatore. A questo punto meglio Tonut”.
Il gioco dell’EA7, però, non entusiasma tifosi ed addetti ai lavori: “Il problema è che il gioco è ancora molto frammentario come spesso è successo anche contro Venezia. Gli Warriors dimostrano che il tiro da 3 punti è fondamentale ma Milano non ha questa arma perchè Gentile, Lafayette e Kalnietis non sono al top della condizione mentre Jenkins non è mai stato costante. McLean è il giocatore su cui pensavo Repesa avrebbe lavorato di più per renderlo pericoloso sia dall’arco che da sotto, ma così non è stato”.
Anche in caso di vittoria finale, però, ci sarà ancora tanto da lavorare per il futuro: “Milano ha due punte vere come Gentile, che è la star, seppur lontano dal miglior Gentile dello scudetto, e Simon che però è più un giocatore di squadra. Non illudiamoci perchè se anche Milano dovesse vincere a fine stagione, non potremmo considerarla uno squadrone visto che ha preferito dare la priorità alla quantità piuttosto che alla qualità. Per questo vorrei che la società iniziasse fin da oggi a programmare il futuro dell’Olimpia visto che questa è, francamente, una squadra senza futuro e che comunque va rinnovata sia che vinca o sia che perda”.