Durant: “L’Olimpiade mi ha guarito”

La differenza dei 30 punti che hanno archiviato la finale olimpica del basket di Rio con la Serbia come una delle più scontate, è esattamente il punteggio di Kevin Durant, e se andiamo a vedere il parziale di 52-29 che ha rotto l’equilibrio del primo quarto e sbloccato gli Stati Uniti irritanti nel tirare senza cervello.  “KD” ha realizzato, lui da solo, 24 punti che significa 5 meno degli avversari. Il suo show ha ridato alla squadra americana quella fiducia mancata nei turni precedenti, nelle stentate vittorie di 3 punti con la Francia e la stessa Serbia che forse si è sopravvalutata e illusa troppo  all’inizio della match per l’oro.

“L’Olimpiade lo ha aiutato a superare il contraccolpo del trasferimento ai Warriors, giocare per il suo paese gli ha consentito di passare da cattivone (villain) a eroe”, ha scritto Espn ricordando quale boomerang era tornato sul capo di Kevin per la reazione di Oklahoma, il colpo di mercato dell’estate dei Warriors. Un contratto biennale da 54,3 milioni di dollari con un’opzione di uscita dopo la prima stagione, giusto per rinegoziarlo fra 12 mesi, una formula contrattuale che ha avuto Lebron James come ispiratore col ritorno a Cleveland.

“Dopo il cambiamento nella mia vita l’Olimpiade è stata come una terapia che mi ha facilitato la vita ma lascio Rio che  tutte le tensioni sono ormai alle mie spalle”, ha detto Kevin, che non avrebbe mai immaginato la tempesta scatenatasi a Oklahoma City nonostante le sue favolose 6 stagioni, trampolino di lancio dei Thunder ai massimi risultati. Da un giorno all’altro venne bollato come un nemico, tanto che nei negozi la sua maglietta oggetto di culto venne svenduta a 49 centesimi di dollari e solo perché non poteva essere regalata.

“Ho trovato in questa squadra un ambiente totalmente diverso, tutti  mi hanno accettato come amico e non come giocatore ed è quello che mi serviva”, ha aggiunto Kevin ritrovando il sorriso grazie anche all’aiuto dei due nuovi compagni dei Warriors, specie Draymond Green che ha fatto un gran tifo per lui e nei time out andava a incoraggiarlo toccandolo con gesti d’affetto.

E’ stato importante, per Durant, ritrovare il suo assente allenatore Monty Williams, che aveva lasciato a febbraio dopo la morte della moglie in un incidente automobilistico per occuparsi dei tre figli e non pensava a un rientro, ma non ha potuto dire di no all’offerta di Jerry Colangelo, il presidente di US Basketball,  per entrare nello staff dei collaboratori di Mike Krzyzewski con Jim Boheim e  Tom Thibodeau. “Non posso permettere che mi si rubi la mia gioia, Monty  (che adesso entra nello staff degli Spurs) mi ha martellato ogni giorno con questa frase e non mi sono stancato di ripeterla a me stesso, “I can’t let anybody steal my joy”.

Kevin Durant ha segnato 155 punti, uno in meno di Pau Gasol (156)  ma è stato  il miglior della sua squadra non soltanto deus ex machina nel momento giusto e nella partita giusta, migliore nella valutazione (21,9) e media-punti (19,1),  in assoluto il migliore di tutto il torneo con una precisione  spaziale (58,1) nelle triple. Nelle varie voci della statistica primeggia in ben 8 specialità dentro la propria squadra, questa è la comparazione col miglior specialista (fra parentesi anche la posizione corrispondente del miglior statunitense rispetto alle vaie statistiche):

Punti totali: 156 Pau Gasol, Spa (2° 155 Durant); Media punti: 25, 3 Boj.Bogdanovic, Cro (5° Durant 19,1);  % Totale tiri:  61,2 (51/8,4) M.Raduljca, Srb  (4° Durant 57,8, 6,5/11,3); % Tiro da2:72,5 (4,8/8,7)  M.Kalnietis, Ltu (nessun Usa fra i primi 20); % Tiro3: 58,1 (3,1/5,4) Kevin Durant; % Tiri liberi: 100 (3,5/3,5) N.De Colo, Fra (9° Durant 81,3 3,3//4,0); Rimbalzi: 8,9 (2,1/6,8) P.Gasol (10° 6,1 2,0/4,1 D.Jordan); Assist: 7,7 Kalnietis (6°  4,9 K.Irving); Stoppate: 2,4 Imbekwe, Nig (6° 1,1 D.Jordan); Recuperate: 2,8 F.Campazzo,Arg (5° 1,5 P.George); Palle perse: 3,7 Boj.Bogdanovic (41° 1,4 D.DeRozan); Falli: 4,2 L.Scola, Arg (3° 3,8 D.Cousins); Minuti: 35,3 Boj.Bgdanovic (9° 28,8 Durant), Valutazione: 23,1 P.Gasol  (3° 21,9 Durant)

Fu vera gloria questo terzo oro consecutivo che chiude il ciclo di Mike Krzyzewski (81-1, 76 vittorie consecutive con Rio, record ogni tempo per la nazionale Usa) al quale Kobe Bryant ha dedicato un tweet di ringraziamento “per averci insegnato a vincere per gli Stati Uniti prima che per noi”.  Jerry Colangelo l’italo-americano presidente di U.S. Basketball, ex proprietario dei Suns, il primo a portare in Italia le squadre NBA, personaggio di grande reputazione e stile tanto da essere nominato commissario dei Sixers a metà stagione per volere dei 30 club, è realista.  Niente trionfalismi o atti di superbia, ma l’invito, se non una sfida, agli avversari ad attrezzarsi meglio.

“Il basket è il secondo sport mondiale, io sono un innamorato di questo gioco e per alzare l’asticella del livello e ottenere un interesse globale maggiore.  Un arbitro dopo la finale mi ha detto: “La prossima volta dovreste giocare in quattro”. Gli ho risposto “non ci sto, sono le altre squadre che devono invece organizzarsi e cercare di essere più competitive”, ha ammonito.

Arrivato alla guida di U.S. Basketball nel 2005 dopo la sconfitta di Atene 2004 che vide l’Italia giocare la finale per l’oro con l’Argentina e gli Usa di LeBron e Anthony battuti dagli argentini,  Colangelo ha vinto 88 partite con una sola sconfitta e adesso affiderà la squadra a Gregg Popovich per i prossimi quattro anni che prevedono le qualificazioni ai mondiali, i Mondiali 2019 in Cina e l’Olimpiade di Tokio 2020. “Alcune cose cambieranno, per le altre continueremo cercando di migliorarci e di fare il possibile per rimanere al top”.

L’ottuagenario di ferro che guida il basket americano ha già avuto la prima illustre adesione: mentre ancora gli Usa dovevano giocare la medaglia, LeBron James ha garantito la sua presenza per Tokio. Si percepisce un amore per la nazionale stelle e strisce che mancava da tempo, alimentato certamente dalla geniale invenzione del Dream Team nel ’92 a Barcellona. Ma dopo le dichiarazioni di Jordan e Anthony per i quali la nazionale vale più della NBA, alla minima caduta d’interesse e di rating siamo sicuri che tutta questa euforia si spegnerà di colpo e i proprietari leveranno gli scudi, Mark Cuban in testa, per andare alle Olimpiadi, come aveva suggerito David Stern prima di lasciare il ruolo di Commissioner, con una squadra mista di giovani con 3 rinforzi NBA.  Il primo scoglio della possibile grana saranno le qualificazioni mondiali previste a febbraio e novembre quando i 30 club NBA negheranno la disponibilità dei propri giocatori, compresi gli stranieri e quindi anche gli italiani. Un giorno che speriamo non venga mai.

A cura di ENRICO CAMPANA

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