Dichiarato aperto in pompa magna giovedì notte nella piazza centrale di Zagabria, il primo Europeo “senza frontiere” passa immediatamente ai verdetti del campo. Anzi sui quattro campi delle qualificazioni in quattro nazioni diverse e senza lo stesso fuso d’orario per capire quanto l’orizzonte si è allargato, Montpellier, Berlino, Zagabria e Riga.
Quattro gironi di 6, le prime 4 qualificate per gli ottavi per 16 squadre (e non più una fase intermedia, che significa subito due-turni terribili ad eliminazione diretta) dal 12 settembre nell’Arena di Lille con i suoi 27 mila spettatori, le altre 8 tornano a casa. Per l’Italia , nel girone più difficile 5 squadre da podio o da quarti di finale contro le non più di due degli altre quattro gironi, spunta subito a Berlino l’incontro di fuoco con la Turchia. Il pronostico è a favore, non tanto per i due titoli vinti contro nessuno, quanto per le loro assenze, bastano i nomi dei due centri NBA Kanter e Asik, laddove c’è il nostro tallone d’Achille.
Giocare da favoriti è peggio paradossalmente che essere sfavoriti per la cultura sportiva sadica italiana votata all’eroismo e alla sofferenza, specie in un debutto al buio, dopo un approccio agli europei luci e ombre (tornei di Tbilisi e Trieste e di Trento e Koper) senza test con le favorite.
Un debutto pregno di stati d’animo, motivazioni, speranze , con Bargnani e Datome che dalla Slovenia nn hanno più giocato e il cui risultato è una moneta a due facce. Può provocare uno slancio forte e dare convinzione o creare uno stordimento. Consente di girare in testa alla boa della prima giornata di riposo di lunedì battendo domenica l’Islanda e arrivare carichi al ciclo terribile fra martedì, mercoledì e giovedì con Spagna, Germania e Serbia. Tre gare massacranti a intervalli di 20 ore, che è un test sul recupero fisico, dalle quali si capirà il vero lignaggio della squadra e la consistenza del suo telaio che presenta punti critici ma superabili nell’asse play-centro. A loro volta, le favorite hanno punti di rottura o problemi, perchè in questo europeo nessuno è perfetto, nemmeno la Spagna con 5 assenze degli spagnoli, i forfait dell’ultima ora nella Francia di Ajinka e Diot , veri jolly della panchina francese, la mancanza di un leader come Krstic nella Serbia. Per l’Italia ci sembra che abbia preso la tesi dell’Italia al completo. Certo, 2 anni fa l’Italia non aveva Gallinari, Bargnani, Hackett, Polonara e Della Valle che valgono un quintetto di lusso, Belinelli non aveva vinto il titolo della NBA e strappato un triennale , Gentile non aveva vinto il suo primo scudetto, non era stato scelto dalla NBA e bloccato con un triennale da 2 milioni di euro dall’Armani.
Si sbaglia chi ragiona senza la giustificazione del marketing sulla somma che i 3-4 giocatori NBA fanno una squadra super. Intanto nessuno gioca sotto canestro o è regista. E quindi questo è un gruppo assemblato di fresco, senza una sua storia dietro, obbligato a trovare una chimica e magari anche una compatibilità, una mutua assistenza che vale più dei 20 punti di ciascuno. Non è detto che una squadra più attrezzata e di maggior qualità di quella vista in Slovenia due anni fa protagonista di un inizio folle, 5 vittorie consecutiva e bollita nel suo brodo, diventi uno schiacciasassi. Ci vuole del tempo, una reciproca fiducia, anche fra giocatori e coach. Per noi comunque questa Italia è no-limit sia nella bella ma anche, facendo gli scongiuri, nella brutta sorte, in fase di rinnovamento, col coach chiamato a mettere allo sconto il lavoro di un quadriennio nel quale abbiamo visto col binocolo Olimpiade e mondiale.
Dan Peterson il pragmatico salta un turno come telecronista, rimpiangendo forse di aver piantato in asso Sky per altri lidi. Sembra sia in America, ma da laggiù lui che aborre il vizio italiano dei pronostici, stavolta si è sbilanciato indicando – ma no? – le … tre favorite. Nell’ordine Spagna, Francia e Serbia. Suggerendo al’Italia di dotarsi di una divisa da pompiere in questo Europeo per lui di pericolosi incendi.
Nel borsino dell’Europeo , il “Power Ranking 5” (a cura della FIBA)è al momento l’unica base ufficiale certa di giudizio. Al tirar delle somme delle 5 settimane di preparazione , vincendo il torneo di Trieste l’Italia ha riguadagnato una posizione rispetto al flop sloveno di sette giorni prima (2 sconfitte in 24 ore) e mentre già la lancette dell’orologio volavano alla gara con la Turchia di sabato sera a Berlino. E quindi un soggetto neutrale ci mette al 6° posto sperando non sia un segno del destino. Molti si aspettano e chiedono alla squadra azzurra di entrare in una nuova era. Il 6° posto sarebbe il massimo del minimo, anche se garantirebbe almeno la qualificazioni pre-olimpiche. Con le quali ci aspetterebbe un nuovo torneo, su scala mondiale, con ben 18 squadre invece delle 12 inizialmente previste, assetate di rivincita per gli ultimi 3 posti.
Un collo di bottiglia ancora più stretto, senza appello, sullo sfondo di scenari meno favorevoli di quelli odierni: per noi la presenza per la prima volta dei giocatori NBA al completo più finalmente tre giovani di talento e personalità. Guardando invece agli avversari, il peso sulla bilancia meno lieve per l’assenza di quasi mezza squadra spagnola, fra cui Marc Gasol, Rubio e Navarro , quelle dei lunghi serbi (Krstic e Marjanovic) , le defezioni importanti dei turchi e dei russi. Tutti elementi che l’anno prossimo a luglio potrebbero essere ribaltati , senza considerare magari il disagio di sedi intercontinentali o lontane, rimescolando i valori.
E’ durissimo poter strappare il 1° o 2° posto a Lille, nell’Arena tecnologica da 27 mila posti orgoglio e vanto del Passo di Calais, a un’ora di treno da Londra, in casa dei cugini francesi campioni uscenti e nel pieno della maturità, anche se proprio in Francia l’Italia ha vissuto i suoi “glory days” europei, però a distanza di 16 anni fra i due titoli, la stessa dall’oro di Parigi a Lille fatto cabalistico intrigante. Sarà d’accordo anche Nostradamus?
Stavolta, per far entrare ai Giochi un Brasile che non ha vinto niente negli ultimi anni, all’Europa si è tolta una promozione negandoci persino il valore della medaglia di bronzo per cui il 3° vale in pratica ai fini dell’Olimpiade il 6° posto del borsino FIBA. Sarebbe però sempre una molla lenta per il rilancio del basket italico. Che ha bisogno subito di una spinta formidabile per far fruttare l’occasione della stretta sinergia con Sky utilissima anche ai campionati, alla stessa A, in chiave motivazionale, del tutto assente come calore in questa vigilia alla squadra azzurra dove hanno cantato Petrucci e il Gallo in campo.
Per questa nazionale invece un risultato nella norma stavolta non basta, specie se guardando all’anagrafe invidiabile della nostra squadra pur non avendo una copertura ottimale nell’asse play-centro, potrebbe aspirare a far apparire all’orizzone una Belle Epoque azzurra. E’ vero che non siamo mai stati vincitori seriali, dopo le vittorie tutto si è sgonfiato rapidamente. Solo i croati hanno previsioni di crescita, il gruppo francese e spagnolo appare vicino al capolinea a Rio dove l’oro è già prenotato dagli statunitensi, gli slavi mancano di play nelle squadre delle varie repubbliche, i croati devono persino far giocare un americano di colore in attesa della maturazione delle star Saric ed Hezonja. Dalle giovanili turchi e bosniaci fanno capire che l’asse europeo potrebbe spostarsi a Est, non in Russia dove si guarda solo al lusso costi quel che costi.
Ecco perchè se non stacca quindi subito il biglietto per Rio l’Italbasket vivrà un altro anno di tormentone fra dubbi, incertezze, nuove decisioni-ponte su tutto, specie per quanto riguarda le linee guida del Settore Squadre nazionali col contratto di Pianigiani al dopo Olimpiade. Un movimento assillato da scadenze urgenti, che deve considerare prioritario e paritario il rilancio del movimento femminile fortunatamente a livello giovanile migliore del maschile, fra il 3°4° posto in Europa, indicatore stimolante per tentare a emulare le ragazze del volley.
Per chiudere il cerchio delle cose che rimarrebbero in sospeso, Gianni Petrucci arriverebbe a chiudere con un “anno bianco” il mandato del suo rientro al basket, senza però aver realizzato un piano strutturale a 360° gradi e la nazionale vincente che sognava, controllando però senza troppi sforzi un sistema che non ha prodotto aumenti di praticanti , grazie al suo prestigio personale, l’abilità politica, qualche bacchettata ai comitati regionali quando esagerano nelle autonomie, e il sostegno del solido (e solito) circuito mediatico sul quale si appoggiava al CONI.
A cura di ENRICO CAMPANA