Lo confesso, dopo anni di scarsissimo interesse per la pallacanestro italiana ed europea, il Campionato europeo 2015 ha riacceso quella passione sopita. Certo anche per merito di Belinelli e di Bargnani, ma soprattutto grazie a lui, Danilo Gallinari, il Genghis Khan del basket planetario.
Dopo un breve periodo di busoneria tardo-adolescenziale sono stato assalito, in questi ultimi giorni, da quella senile.
La prima ebbe come oggetto Sugar Ray Richardson, il giocatore che pensava basket ad una velocità doppia degli altri, almeno in Italia, mentre quando giocava negli USA lo pensava almeno alla velocità degli altri top-players (Magic Johnson, Larry Bird and so on).
Sì, ricordo bene che fuori dal campo, invece, la velocità del suo pensiero si riduceva di molto, qualche volta si azzerava. Era questa la sua dimensione umana di dio del basket, una fragilità che induceva indulgenza, affetto, tenerezza, quasi amore. Quando Sugar Ray veniva richiamato in panchina da Ettore Messina (Ettore, perché non l’hai mai amato?) io non guardavo più la partita, ma la panchina. Era bello, geniale ed elegante in campo, ma ingenuo, confuso e fragile fuori.
La busoneria senile è scoppiata proprio in questi giorni, dopo aver visto Danilo Gallinari ai campionati Europei. E’ veramente un giocatore totale, in difesa e in attacco, un player “all around” bello, geniale ed elegante. Contrariamente a Sugar Ray, però, fuori dal campo appare serio, solido, maturo. L’unica fragilità pare essersi concentrata nelle sue ginocchia, impedendogli un’attività agonistica piena, almeno negli ultimi due anni. Chi ama la bellezza, il talento e la grazia non può non amare Gallinari.
N.B.: a Bologna la “busoneria” definisce anche un amore totalmente platonico.
Giorgio Bonaga