I Warriors eguagliano i Bulls di Jordan

“Vittoria di squadra”. Con questo stringato commento di Stephen Curry  i Warriors hanno rimontato 9 punti nel secondo tempo e scavato un solco di 16 punti, il maggiore del 3-0 della serie con Oklahoma che a questi livelli mostra ancora una fragilità nel gestire i finali, compresi le sue stesse star Durant (9 palle perse) e Westbrook (1/7 da 3 e 8/24  compessivo nel tiro). Curry (distorsione alla caviglia) e Iguodala (stiramento al polpaccio) erano incerti, ma hanno pensato bene di fare un sacrificio con cotanto rivale e di tornare dopo una gara di assenza per lustrare i suoi record col contributo corale e una nota particolare per Shaun Livingston 11 punti e il migliore della serata negli assist (8).
 
I campioni passato dunque la boa delle 60 partite con 5 sconfitte e vincono la gara casalinga n.44 eguagliando  il record dei Bulls dell’anno del record ma con 4 sconfitte ancora da spendere per il record assoluto (72-10) detenuto da 20 anni da Jordan & c. Domenica giocheranno a Los Angeles e poi seguiranno 6 gare casalinghe con squadre sotto il 50% (salvo Portland) o deluse o delusissime come Phoenix, New Orleans e Knicks, quindi un back to back in trasferta con Dallas e San Antonio nel giro di 24 ore (18 e 19 marzo) per cui la road map è favorevolissima per aggiornare i libri di storia di questo sport che sta vivendo una svolta epocale e ancora una volta si è incarnato in un giocatore poco considerato nei draft e uscito da una piccola università (Davidson) e che gli analisti ritenevano troppo fragile fisicamente per la NBA. Ma come sempre, alla fine, la tecnica e il talento riducono la valenza della forza e Curry a sua volta detentore di record che lo pongono al pari di Jordan, sarebbe ingiurioso definirlo un cecchino per i suoi 30,7 punti di media, 2 in più di James Harden che quest’anno aveva proclamato di voler essere il MVP della stagione e il top scorer e deve ammantarsi di umiltà per evitare che Houston, in bilico fra l’8° e il 9° posto, di rimanere fuori dai playoff per l’insana decisione di mettere alla porta un tecnico-galantuomo come Kevin McHale col quale  i tedexani hanno vinto più di Bickerstaff junior, un figlio di papà.
 
Va ricordato che per la 21esim volta i Warriors hanno toccato i 120 punti, quindi una partita su 3, hano vinto col 54% al tiro e il 32% dall’arco mentre Oklahoma è stata inferiore, spece dall’arco (20%), è stata largamente inferiore negli assist (22/33) perchè muove molto la palla mentre Westbrook verticalizza e a volte anche troppo ed è stata superiore, ma di poco, ai rimbalzi (46/40) e come numero di tiri liberi (22/27). Kerr aveva chiesto dopo l’ultima sconfitta, 7 gare fa, di ridurre le infrazioni e la risposta sono state le 8 palle perse, una in meno di quelle di Durant!
 
Per la terza volta New Orleans ha gettato alle ortiche la vittoria nel finale, ma questa volta aveva di fronte gli Spurs che hanno vinto di mestiere e grazie allo show finale di Kawhi Leonard e alla solidità di Aldridge. Patty Mills (8 assist) ha giocato più minuti di un Parker inespressivo (2 punti), Manu Ginobili è reduce da un’operzione ai testicoli per una gomitata di Ryan Anderson a New Orleans un mese fa, il problema rispetto ai rivali è la trazione posteriore e per questo hanno firmato Andre Miller e prenderanno da Minnesota anche Kevin Martin per il rim test-match coi rivali il 19 di marzo.
 
A Dallas Rajon Rondo pur acciccato ha voluto prendersi la rivincita e pur sotto una selva di fischi e lazzi ogni volta che toccava la palla ha orchestrato la squadra e servito colombelle deliziose a Cousins che ha avuto vita facile con Zaza Pachulia al quale non sono bastati i gomiti. Nowitzki è stato inferiore al suo standard, 0/5 da 3 e 5 perse, vittoria netta dei Kings con la seconda consecutiva apprezzabile partita di Marco Belinelli con barba cecena e un tatuaggio in più sulla spalla sinistra, finalmente in buon serata anche nel tiro da 3. Con 16 punti il terzo marcatore, e col miglior minus/plus fra tutti i compagni. I Kings (25/35) hanno spezzato la catena di sconfitte (5), troppo tardi per recuperare con 5 vittorie in meno e 4 sconfitte in più di Houston (30/31)
 
RISULTATI giovedì 3 febbraio – MIAMI-Phoenix 108-92 (27 D.Wade tl9/10 4r 7a, 25 G.Dragic 10/19 3/6 da3 tl2/4 7r 4a, 9 H.Whiteside 11r 5st; 34 D.Booker 3/7 da3 tl9/9, 12 A.Len 13r tl4/5 4/14); New Orleans-SAN ANTONIO 86-94 (23 E.Gordohìn 9/19 3/6 da3, 17 A.Davis 7/12 13r 2st, 13 J.Holiday 5/17 1/4 da3 7a; 30 K.Leonard 6/10 da3 11r, 26 L.Adridge 11/19 8r, 2 T.Parker 5a, 9 P.Mills 8a); Dallas-SACRAMENTO 101-104 (29 C.Parsons 12/17 3/6 da3 9r 5a, 12 D.Lee 6/9 11r, 16 D.Nowitzki 7/14 0/5 da3 5pe, 6 Z.Pachulia 6r; 22 D.Cousins 0/2 tl4/8 13r 5a, 18 R.Rondo 8/14 0/2 da35r 12a, 16 M.Belinelli 6/10 3/5 da3 tl1/4 1r 24′);GOLDEN STATE-Oklahoma 121-106 (33 S.Curry 12/25 5/15 da3 tl4/5 4r 4a, 21 K.Thompson 10/9 1/7 da3, 14 Dra.Green 8r, 11 S.Livingston tl5/5 8a; 32 K.Durant 11/17 0/1 da3 10r 9a 2st 9pe, 22 R.Westbrook 8/24 1/8 da3 tl5/7 6r 7a 2pe, 20 S.Ibaka 8/12 6r).
 
A cura di ENRICO CAMPANA.

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