Il secondo weekend di settembre è sempre un momento particolarmente importante per la storia del gioco, perché la nuova classe entra a far parte della Hall of Fame con la classica e sempre emozionante cerimonia d’inserimento.
Quest’anno l’uomo di punta del basket NBA è stato Tracy McGrady, ora analyst per la tv, ma all’epoca grandissimo giocatore dallo sconfinato talento e anche con una dose di sfortuna che non gli ha permesso di compiere la carriera che avrebbe potuto a causa dei problemi alla schiena.
In molti dicono che l’impresa che ha permesso a T-Mac di entrare nella storia del basket mondiale siano stati i famosi 13 punti in 33” contro gli Spurs che probabilmente sono solo un pezzo in più della storia di un giocatore clamoroso, di quelli che passano una volta ogni tanto e che, parere personale, come vera impresa ha quella di aver stoppato due volte in uno contro uno Kobe Bryant in due All Star Game. E’ lo stesso Kobe che spesso ha indicato Tracy come il giocatore più difficile da marcare contro cui abbia mai giocato ed effettivamente sia per fisico che per talento e atletisimo era qualcosa che si avvicinava molto a Kobe nei suoi anni migliori.
“Non ero per niente sicuro di meritarmi un posto nella Hall of Fame –ha detto McGrady nel suo speech- Ma poi ho avuto il supporto di mia moglie che mi ha detto le parole giuste, mi ha obbligato a guardarmi allo specchio e convincermi che quel posto che mi ero guadagnato con il mio lavoro di giocatore, mi spettasse eccome. Lì ho avuto sempre il dubbio di far parte della schiera di personaggi che compongono questo novero, ma ho anche appreso che alla fine tutto il lavoro che ho fatto in carriera mi ha portato dove sono. In un posto dove tutto sommato posso starci”.
Insieme a T-Mac sono stati introdotti Rebecca Lobo, Jerry Krause, Bill Self, George McGinnis, Muffet McGraw, l’ex Harlem Globe Trotter Mannie Jackson e Zack Clayton, Nikos Galis, Robert Huges e Tom Jernstedt.
In collaborazione con basketissimo.com