Per un dolore al ginocchio destro, Gallinari ha saltato la prima gara della stagione e nella rivincita, a 3 giorni dalla vittoria di 14 punti al Pepsi Center, Denver ha perso di 25 a Salt Lake City con percentuali inversamente proporzionali alle sue ambizioni. E soprattutto delle convinzioni del suo allenatore che non ha trattenuto la delusione, non lenita minimamente dalla conferma dei progressi di una delle nuove baby-star. Nel giro di 24 ore Jamal Murray ha ritoccato con 23 punti il suo high in carriera della notte precedente (22 punti) contro i Bulls .
Mike Malone ha usato il suo solito vocabolario di professore esigente e disgustato per incorniciare il ko. “La maggior parte delle squadre giovani non si rendono conto del perchè del successo. Siamo stati una copia sbiadita delle squadra che aveva vinto per come aveva giocato. Il successo è una noia… Tre gare in quattro giorni?… Tutte scuse”. L’occasione sembrava propizia per entrare nell’area dell’ottavo posto e avvicinarsi a Portland e ai Jazz reduci da 4 sconfitte, con un gioco di parole il possibile scatto ha lasciato il posto al pesante scarto e sulla bilancia della gara ha pesato anche il ritorno di George Hill (22 punti) dopo un’assenza di 8 gare. E quindi Utah riprede quota e fiducia.
Al posto di Gallinari, che sembrava sulle prime avere un problema alla coscia, meno infido di un guaio ad un ginocchio, coach Malone ha lanciato Juancho Hernangomez, con i suoi 20 anni il minore dei fratelli spagnoli arrivati quest’anno nella NBA decisi a ripercorrere la saga dei catalani Gasol, partendo con tre lunghi: l’altro power forward Faried e Nurkic centro, Barton ala e Mudiay play. Un quintetto dagli ingranaggi difettosi, sommamente impreciso, vedi l’1/8 e 0/1 del congolese che sembra aver smarrito il tiro, e lo 0/6 e 0/2 di Barton promosso titolare questa stagione dopo due anni di tirocinio come cambio di lusso. Inatteso anche l’1/8 e 0/3 nei liberi di Nurkic. La somma dei punti del velleitario “tragic five” delle Pepite ha raggiunto poco più di un terzo dei 60 punti della panchina. E’ invece esattamente il totale dell’ottimo di Jamal Murray (23 punti, 8/18, 5 bome su 8 4 rimbalzi e 3 assist), per la seconda gara consecutiva il top scorer. Il che conferma il fiuto e l’abilità nel draft dei dirigenti del Colorado: la talentuosa guardia canadese con i suoi 19 anni sembrava una scommessa in un arco di tempo non così ravvicinato.
Contro i Spurs, la squadra con la quale è stato il primo e unico italiano a vincere il titolo della NBA, Marco Belinelli ha segnato 12 punti tirando 11 volte (solo Kemba Walker e Kaminsky hanno avuto più occasioni) e entrando senza forzature negli equilibri di squadra, ma certo un paio di triple (qui ha avuto un 1/5 poco propiziatorio per fare risaltare il suo impegno) del sosia di Silvester Stallone avrebbero dato più spinta e fiducia nel quarto tempo alla squadra di Michael Jordan – salutato dalla folla dopo che Obama gli ha messo al collo la Medaglia della Libertà – per evitare la sconfitta casalinga di 5 punti, differenza rimediata nel quarto finale.
E’ stata una maxinotte intensa che ha prodotto su molti campi gioie, emozioni, record, spettacolo ed effetti speciali. In questa prima parte della stagione non si era ancora visto nulla di simile. Cleveland ha vinto con autorità: 137 punti (contro i 125 di Portland e 40 di Lillard il mini-Lebron… irraggiati da un record di 20 triple), ma c’è dell’altro. Persino la spettacolare seconda tripla doppia stagionale di Lebron James (31 punti 10 rimbalzi 13 assist che gli permettono di scalare il 17° posto All Time, e 3 recuperi) è passata in second’ordine per i 34 punti di Kevin Love nel primo quarto dove il dottor Stranamore del basket ha cominciato come una macchina da guerra (5 triple su 6 e 4/7 liberi) per finire con 40 punti, l’high con Cleveland, inferiore solo al record in carriera (53 punti ai tempi di Minnesota). Soltanto Klay Thompson, titolare del record assoluo sui 12 minuti di gioco, aveva fatto meglio di Love con 37 punti l’anno scorso, uno degli ultimi giocatori bianchi del circo dei giganti.
Due gare hanno sommato da sole più di 500 punti! Totale di 262 punti per Cleveland-Portland e Warriors-Lakers ha dato il suo contributo con 255. I Warriors avevano un conto in sospeso con se stessi per aver perso male in casa propria dai giovani Lakers e giocando come si trattasse di un playoff hanno segnato 149 punti contro i 106 (+43) degli eredi di Kobe Bryant, senza l’emergente D’Angelo Russell fermo per un problema al ginocchio. Il tridente di Golden State non ha perdonato: 30 Durant, 29 Curry, 24 Thompson. E ci sarebbe il lavoro nero di Draymond Green, 8 rimbalzi e 9 assist.
Fra i coach debuttanti o ritrovati di quest’anno, va forte David Fizdale ex assistente di Miami e Atlanta, la cui squadra, i Grizzlies, ha una striscia di 7 vittorie. Il coach che si è presentato nel modo migliorare, acquistando 500 biglietti per i tifosi, ha saputo rilanciare, dopo l’infortunio al piede, Marc Gasol. La big tower ispanica a Filadelfia ha segnato 27 punti perchè da questa stagione ha aggiunto nel suo bagaglio tecnico anche il tiro da 3 punti. E poi ci sarebbero i 45 punti di Anthony Davis: partiti malissimo i Pelicans stanno recuperando e con 4 successi consecutivi si avvicinano alla zona playoff.
A cura di ENRICO CAMPANA