Diverse le iniziative intraprese dalle squadre NBA scese in campo nella notte fra mercoledì e giovedì.
Come già accaduto nello scorso mese di luglio a seguito del ferimento di Jacob Blake da parte della polizia americana, la NBA si è dimostrata ancora una volta sensibile ai gravi episodi di cronaca che accadono nel Paese: durante la notte, infatti, giocatori e staff tecnici delle squadre impegnate nelle partite in programma hanno presentato diverse iniziative per protestare contro l’assalto di un gruppo di sostenitori del presidente uscente Donald Trump al Congresso degli Stati Uniti.
La protesta più clamorosa a Miami: i Boston Celtics, infatti, avevano lasciato il parquet poco prima della palla a due in segno di protesta. Le due franchigie, però, si sono accordate per iniziare comunque la partita, diffondendo una nota comune in cui hanno spiegato: “Questa sera abbiamo deciso di scendere in campo per continuare a portare gioia nelle vite degli appassionati, ma non dobbiamo mai dimenticare che viviamo in un mondo dove l’ingiustizia sociale la fa da padrone e continueremo a usare la nostra voce affinché le cose possano cambiare”.
La partita è stata preceduta da un momento di raccoglimento in cui i giocatori e i componenti degli staff si sono inginocchiati. Anche sugli altri campi sono stati numerosi i gesti simbolici: a Milwaukee, Bucks e Pistons non hanno giocato il primo possesso, inginocchiandosi fino allo scadere del cronometro di tiro. A Phoenix, i giocatori di Suns e Raptors (franchigia canadese che ha mostrato solidarietà alla causa della NBA) hanno composto un cerchio unendosi in preghiera. Anche nelle altre partite, i giocatori si sono inginocchiati durante l’inno nazionale.