
Il coach della Dinamo Sassari ha fatto il punto della situazione in vista dei prossimi impegni. "Stiamo lavorando bene", puntualizza.
Federico Pasquini, coach della Dinamo Sassari, con Sportal.it ha fatto il punto della situazione in vista dei prossimi impegni. Nel week-end dal 16 al 19 febbraio a Rimini ci sarà la Final Eight di Coppa Italia, presentata oggi a Milano, ma già in settimana il quintetto isolano avrà un appuntamento da non fallire per continuare la sua avventura in Europa.
Una partecipazione a questa Coppa Italia, anche se arrivata all’ultimo, che diciamo rende ‘quasi normale’ per Sassari essere a questi livelli?
“No, quasi normale direi di no perché tutti gli anni cambiando i giocatori, cambiando la squadra non sai mai se ci arriverai dentro; dipende sempre dal contesto che crei con una squadra nuova ci vuole tempo. Abbiamo faticato i primi mesi adesso stiamo un pochino meglio, stiamo lavorando bene e nella maniera giusta quindi siamo molto contenti di essere alle Final Eight”.
Cosa serve per far bene?
“Dipende molto da come ci arrivi fisicamente e mentalmente. Sono partite dove non puoi sbagliare, dove ogni errore costa il doppio. C’è molta intensità, molta pressione perché sai che se fai un passo falso vai a casa subito quindi rende tutto ancora più bello esserci”.
Prima sfida vi vede contro Avellino di coach Sacripanti.
“Abbiamo grande rispetto di Avellino, che consociamo per aver fatto il campionato insieme a noi, sono una squadra di talento sia sul perimetro che sotto canestro che sfruttano anche una grande fisicità. Dobbiamo fare una partita importante contro una formazione che sarà protagonista in Italia fino alla fine”.
In Coppa Italia le vittorie degli ultimi anni l’hanno vista protagonista sì ma dall’altra parte della scrivania. Cosa si prova adesso ad essere in campo?
“Ero già abituato da un’esperienza ventennale ma era importante poterlo fare in una situazione di grande serenità, nel senso che comunque fare sia il general manager che l’allenatore devi avere un presidente con cui c’è feeling, avere presa diretta sul quotidiano e quindi da questo punto di vista il passaggio si può fare bene. Chiaramente sono stress diversi perché da manager hai degli impegni, delle competenze del ruolo che devi metabolizzare sulle 24 ore mentre da allenatore devi essere più ‘in gas’, come dico io, a livello di pressione in certi momenti nell’allenamento e nella partita che possono essere lo scontro con un giocatore o le riunioni. Però avendolo fatto per vent’anni sono arrivato pronto”.
Il ricordo più bello di questa manifestazione?
“A me personalmente un po’ tutto dà grandi ricordi ma se devo pensarne uno, sia della prima che della seconda coppa, è che siamo sempre stati bravissimi a non mollare mai; nel senso che sia nei momenti di vantaggio, che quelli in cui inseguivamo siamo stati una squadra vera ed è questo il messaggio che voglio far passare. Secondo me quello che conta, in alcune partite più delle altre ma comunque in generale, che se prendi un cazzotto devi essere molto veloce a rialzarti perché sono delle partite dove non puoi assolutamente esitare e non puoi assolutamente aspettare; questo fa la differenza in assoluto ed è ciò che ci ha permesso, nei quarti di finale della prima coppa vinta, di vincere la partita essendo sotto di molto alla fine del terzo quarto”.
Chiusura con la Champions League…
“Secondo me è una manifestazione di alto livello, noi poi abbiamo preso il gruppo peggiore perché era quello fatto dalle “wild card” e da quelle ripescate immediatamente, per cui noi abbiamo fatto i preliminari ma abbiamo beccato un girone veramente tosto con delle squadre che potevano fare l’Eurolega, tipo Besiktas, abbiamo purtroppo in dieci giorni sbagliato partite, perse anche all’ultimo tiro e adesso dobbiamo essere bravi a sfruttare quest’ultima occasione di stare dentro, essere padroni del nostro destino mercoledì battendo il Partizan. Siamo contenti di giocarci l’accesso al prossimo turno di Champions League”.