Quando tutto pareva perso, il Parma si è rialzato. Ancora una volta, sull’orlo del baratro. La partita contro il Foggia ha ricordato da vicino quelle casalinghe contro Perugia e Venezia: lo svantaggio e il faticoso tentativo di risalire. Questa volta la rimonta è stata completata con la vittoria, anche larga, complici 75’ di superiorità numerica, ma Enrico Boni non può che immaginare cosa sarebbe successo se…: “A 20’ dalla fine in pochi pensavano che potesse andare così, credo che questa volta se si fosse perso si sarebbe aperta una crisi tecnica inevitabile e sarebbe successo qualcosa di importante…”.
Ovvio riferimento alla panchina di D’Aversa, che invece è salda. Ma guai a esaltarsi: “I tifosi erano rassegnati, avevano fischiato solo durante l’intervallo. L’allenatore continua a essere aggrappato a un filo che non si spezza, è anche fortunato, cosa che non guasta, ma dobbiamo metterci in testa che l’unico obiettivo possibile è il settimo o ottavo posto, sesto se facciamo un miracolo, più su è impossibile. Del resto se i nostri concorrenti si chiamano Cremonese, Carpi e Foggia non è certo un’impresa mettersele dietro”.
La svolta della partita, oltre che favorita da un Foggia troppo rinunciatario nel secondo tempo, è arrivata dalle sostituzioni di D’Aversa, che ha abbandonato il caro 4-3-3 per votarsi a un modulo con quattro punte. Boni parte da qui per un’analisi sulla profondità della rosa crociata: “Il passaggio al 4-2-4, o 4-2-3-1 che dir si voglia, con gli ingressi di Calaiò e Baraye ha cambiato tutto. Il Parma è la Juventus della Serie B per il numero di attaccanti a disposizione, ma l’allenatore a volte se lo dimentica. Abbiamo, in ordine alfabetico: Baraye, Calaiò, Ceravolo, Ciciretti, Da Cruz, Di Gaudio, Frediani, Insigne e Siligardi. Un parco punte così non ce l’ha nessuno, eppure stiamo parlando di una squadra in lotta per entrare nei playoff. Un motivo ci sarà…”.