Il Parma fallisce l’”esame di laurea” dopo il primo trimestre di risultati sopra le aspettative. Il pareggio interno contro il Chievo non permette ai crociati di tornare in sesta posizione e anzi denuncia un pizzico di stanchezza di una rosa dove le alternative non abbondano.
Enrico Boni scomoda un paragone illustre: “La partita contro il Chievo mi ha ricordato Rocky III, quando dopo la morte di Mickey Rocky voleva smettere di combattere. L’ex rivale Apollo Creed lo convince ad andare avanti, ma perde e alla fine l’amico gli dice che non ha più gli occhi di tigre. Ecco, al Parma sono mancati quelli, è mancata quella cattiveria che forse è stata tolta dalla buona classifica. Non abbiamo giocato bene e al di là del palo di Inglese se il Chievo, ultimo e di fatto retrocesso, se n’è andato con qualche recriminazione significa che la squadra non sta bene. Resto del parere che la salvezza non sia in discussione, ma in vista delle prossime partite impegnative sarà bene recuperare quello spirito e quella vitalità che ci avevano spinto in alto. Questa volta l’allenatore non ha saputo trasmettere la grinta giusta”.
Rimane, appunto, il problema della panchina corta. In particolare in attacco: “Su Gervinho è meglio non aggiungere altro. Conosciamo lo stato dei suoi muscoli, la scommessa per il momento è vinta, ma resta il fatto che salta tre o quattro partite dopo averne fatte due buone. Abbiamo 13-14 giocatori affidabili, non di più. Purtroppo le alternative al momento sono quelle che sono, a gennaio servirà fare qualcosa in attacco perché la situazione è sotto gli occhi di tutti. Biabiany fa quel che può, Ciciretti è una delusione totale, Baraye se ne andrà dopo essere stato ingiustamente escluso dalla lista e Da Cruz è un mistero: un anno fa lo abbiamo pagato tantissimo, ma dopo uno screzio con società e allenatore è sparito dai radar”.