A tutto Mancio. L’allenatore dell’Inter ha concesso un’intervista lunghissima ai microfoni de Il Corriere dello Sport, a cui ha confidato desideri, obiettivi e qualche rimpianto.
Si riparte dalla sconfitta di Napoli, che ha lasciato l’amaro in bocca: “Il dispiacere per il risultato subito dopo la partita è forte, ma poi uno metabolizza e cerca di pensare solo alle cose positive – ha esordito lo jesino, in disaccordo con l’analisi di Sarri, che ha visto una sola occasione per l’Inter durante il match -. Non mi risulta che sia andata così. Credo che la nostra sia stata una delle migliori prestazioni di questo campionato e le cose positive sono state parecchie”.
L’arbitraggio di Orsato, che ha generato polemiche, continua a non convincere l’allenatore, che rimpiange l’operato dei fischietti inglesi: “Il primo di Nagatomo non era assolutamente un fallo da ammonizione e anche il secondo era un mezzo fallo perché Yuto non va diretto sull’uomo”.
L’Italia è la patria dei simulatori: “C’è chi è predisposto a simulare. E non solo in area… Questa è la patria dei simulatori perché da noi fischiano al primo contatto, mentre in Inghilterra, in un campionato più duro, anche se non ho con me le statistiche credo ci siano meno espulsioni. In Italia si fischia e si ammonisce per niente. Tutto questo è sbagliato e gli arbitri dovrebbero imparare a fischiare di meno, senza farsi condizionare dal pubblico. Purtroppo questo è sempre stato un problema della Serie A”.
Tornando alle prodezze di Gonzalo Higuain, l’ex Manchester City ha incoronato l’argentino, valore aggiunto per i partenopei: “Higuain in Italia è come Messi nel mondo. In Serie A c’è lui e tutti gli altri… dietro: fa 1-2 gol a partita e può essere decisivo a ogni palla che tocca”.
L’obiettivo scudetto, per Mancini, non è conteso solo dal Napoli: “Napoli, Roma, Fiorentina e Juventus sono più attrezzate di noi perché giocano insieme da tanto tempo. La Juve ha cambiato tre pedine di un certo calibro, ma ha messo dentro 4-5 calciatori importanti, le altre si conoscono da più anni.
La Roma è una squadra forte. Sono in corsa piena per lo scudetto. La Lazio lo scorso anno ha fatto tanto, forse troppo. Non si può sempre andare oltre il proprio limite”.
Discorso a parte per il Milan, allenato dal suo amico Sinisa Mihajlovic: “Siamo entrambi impegnati e siamo andati a cena qualche volta, ma ci siamo visti più volte per i derby amichevoli che per cenare insieme – ha ammesso, eleggendo due allenatori in particolare nel panorama italiano -. La nostra scuola resta la migliore. Montella e Di Francesco sono bravi e danno alle loro squadre qualcosa di importante”.
Nonostante la folta concorrenza, Mancini non firmerebbe per un secondo posto e spiega perché l’Inter debba credere al tricolore: “E’ difficile firmare per il secondo posto per uno sportivo. Crederci non costa niente e sognare è la cosa più bella che si può fare. Perché l’Inter ha una grande storia e una tradizione che le consente di giocarsela fino in fondo. Perché penso che i nostri giocatori stiano facendo un grande lavoro e non si fermeranno fino alla fine. Detto questo, il nostro obiettivo è qualificarci per la prossima Champions League, meglio con il secondo posto che con il terzo almeno evitiamo i play off”.
L’allenatore dà un’ampia sufficienza alle prime 14 giornate dell’Inter e risponde alle critiche di Arrigo Sacchi, che ha accusato i nerazzurri di praticare un calcio antico: “Non mi interessa fare polemica. Come tecnico sono uno che guarda la realtà: se avessi Gullit, Van Basten, Maldini, Baresi, Donadoni e tutti gli altri campioni di quel grande Milan giocherei un certo calcio, ma a disposizione ho un’altra rosa e quando affronto una formazione più forte che non posso mettere sotto perché ha più certezze ed è insieme da più anni, mi adatto”.
Il Pallone d’Oro andrà a Leo Messi e l’intesa tra Jovetic e Icardi si troverà nel tempo. L’attaccante argentino ha la fiducia del mister, che si augura altri 20 gol. Il regista, probabilmente, arriverà, ma magari non sarà Pirlo (“E’ forte, ma con lui non abbiamo mai parlato”.) né Biglia (“Non credo”.)
Il rimpianto di mercato è non aver preso Paulo Dybala, mentre quello di tecnico è non aver allenato Totti. E se chiamasse la Nazionale, Mancini ci penserebbe, eccome: “L’Italia è un’avventura molto importante e non capita spesso. Devi essere fortunato ed essere libero nel momento giusto. Se capitasse sarebbe una cosa fantastica”.