L’attaccante della Sampdoria Fabio Quagliarella ha parlato ai microfoni di Sky Sport HD nel post partita di Sampdoria-Cagliari (1-1) della vicenda dello stalker, che lo ha tormentato negli ultimi anni.
Venerdì scorso si è chiusa una storia extra-calcistica che ti ha segnato. Ce la vuoi raccontare?
Per raccontarla tutta ci vorrebbe una trasmissione solo per me. Ho vissuto 4-5 anni da incubo, immaginare di non poter vivere serenamente al di fuori del calcio, soprattutto per la mia famiglia, è stata dura. Quando sono andato via dal Napoli sono state dette tante infamità, cattiverie, tante cose non vere. L’unica causa era solo ed esclusivamente questa e quindi, dopo tanti anni, è finita. Devo ringraziare la giustizia perché ha fatto un ottimo lavoro, dare 4 anni e 8 mesi a un poliziotto significa che avevano ragione di più. Ho vissuto male io, ha vissuto male la mia famiglia, ho cercato di essere comunque concentrato sul campo, perché alla fine scendi in campo, la gente non sa tante cose, come è giusto che sia. Siamo pagati profumatamente ed è giusto che in campo facciamo il nostro dovere, però oggi ci siamo tolti un peso enorme perché è stata dura.
Per chi non sapesse cos’è successo, nei giorni scorsi è stato condannato uno stalker, vogliamo chiamarlo così per semplificare, che negli ultimi anni ha reso impossibile la tua vita e quella della tua famiglia, con delle false accuse, delle accuse pesantissime e orribili che avevano a che fare con camorra, pedofilia, calcioscommesse, droga, minacce di morte. Finalmente questa vicenda si è conclusa, c’è stata una condanna, ma questa vicenda è stata condizionante ed era impossibile per te in quelle condizioni rimanere a Napoli
La verità è quella. Poi, quando non puoi parlare, quando non puoi dire la tua, io avevo scritto un post su Facebook dove ho cercato di far capire qualcosa. Quando senti tutti che parlano, tutti che dicono la loro opinione e tu devi stare zitto perché ci sono delle indagini, ci sono tante cose, l’unica verità è solamente quella, perché io non è che un giorno mi sono svegliato e sono voluto andare via da Napoli. Ero a casa mia, stavo da Dio, stavo con la mia famiglia dopo più di 12-13 anni passati fuori di casa, ero ritornato a casa e quindi non c’era nessun motivo. La causa è semplicemente questa, io ho accusato, ho tenuto botta perché non è facile, non lo auguro a nessuno assolutamente perché tutti abbiamo diritto di vivere una vita libera e serena al di fuori di qualsiasi ambito lavorativo. Non poter uscire di casa e sentirsi minacciato che da un momento all’altro potesse succedere qualcosa, a me, alla mia famiglia, ai miei nipoti, ai miei fratelli, è stato devastante sentire tante cattiverie dette dopo il mio passaggio alla Juve. E’ stato brutto perché uno ci mette passione, amore, professionalità, sacrifici e poi sei giudicato quando la gente non sa. Questa era una delle mie più grandi soddisfazioni, perché c’è stato un giudice che ha dato una sentenza importante e questa è la cosa che più conta e ha tolto un peso non indifferente a me e alla mia famiglia.