La Hall of Fame della Roma si amplia e accoglie un campione del passato come Toninho Cerezo, l’asso brasiliano che arrivò dall’Atletico Mineiro nella squadra giallorossa per inseguire il sogno della Coppa dei Campioni, che disputò 3 stagioni all’ombra del Colosseo, lasciando una traccia indelebile nella memoria di tanti tifosi della Capitale, vincendo 2 Coppe Italia, sfiorando 2 scudetti, ma soprattutto contribuendo al cammino europeo che si fermò nella triste finale del 30 maggio 1984, quando la Roma venne battuta ai calci di rigore dal Liverpool, che si aggiudicò la Coppa Campioni.
Fin dal suo arrivo il brasiliano si mise in evidenza per la sua professionalità e talento calcistico, ma soprattutto Toninho Cerezo ha legato subito e tanto con la tifoseria, che ne apprezzato la classe e il rendimento, di tanti episodi resta memorabile quando il 2 marzo del 1986 con i giallorossi che rincorrevano la Juventus, in un famoso Roma–Inter 3-1 sbaglia ben due rigori, ma la Curva lo incita con un coro “Cerezo! Cerezo!” e tutto lo stadio accompagna con entusiasmo. Lui era un idolo anche per i compagni di squadra, che definiva “amici, troppo buoni”.
Domenica Cerezo era allo stadio Olimpico per la festa che lo incoronava membro della galleria di leggende della Roma, la cosiddetta “Hall of Fame”, condividendo durante il fine settimana tantissimi ricordi che lo legano alla squadra giallorossa, a cui resta legatissimo, nonostante dovette lasciare la Capitale per dissapori con la proprietà che lo considerava anziano per i traguardi della Roma.
Ma lui decise di rimanere in Italia per prendersi altre soddisfazioni e raggiungere altri successi: si affermò con la Sampdoria di Vialli e Macini, con il tecnico Boskov e il presidente Mantovani, dove contribuì a vincere lo storico scudetto del 1991, arrivando l’anno dopo, nuovamente, ad un soffio ad afferrare la Coppa dei Campioni ( la squadra doriana perse, infatti, in finale contro il Barcellona ai tempi di supplementari), vincendo 2 Coppe Italia e 1 Coppa delle Coppe, perdendo sempre contro i blaugrana un’altra finale di Coppa delle Coppe nel 1989.
Qualcuno sostiene nella Capitale che Cerezo era alla festa dello scudetto doriano con sotto la maglia romanista per dedicarla ai tifosi giallorossi. Nato il 21 aprile, il giorno del Natale di Roma, pronunciò la frase “il Cuore di Dio è giallorosso” con cui sancì l’amore per i colori giallorossi.
Lasciò il campionato italiano nel 1992 a 37 anni, per tornare in patria, dove continuò a giocare e a mietere successi, come 2 Coppa Intercontinentali, una conquistata contro il Milan, squadra a cui ha segnato molti gol durante l’arco della sua carriera, nella quale sarebbe dovuto andare dopo i 3 anni con la Roma, ma la clausola del preaccordo stabiliva che se non avesse disputato il mondiale in Argentina sarebbe saltato e così avvenne.
Il suo trascorso con la nazionale verde-oro non è fortunato: pur giocando nel fortissimo centrocampo di un Brasile tra più forti di sempre, si deve arrendere davanti alla Nazionale di Bearzot nel 1982 e ad un infortunio che lo estromette da quello disputato in Messico nel 1986, così la punta più alta resta il terzo posto nel mondiale in Argentina del 1978 conquistato alle spese degli azzurri.
Ma proprio quell’infortunio prima del mondiale messicano ne fortifica per sempre il legame con la Roma: il commissario tecnico brasiliano Tele Santana lo escluse dalla rosa a causa dell’infortunio e lui a quel punto, deluso, preferì tornare a Roma, anziché restare da spettatore in Messico. Nella capitale era in programma la finale di Coppa Italia, ironia della sorte contro la sua prossima squadra, ossia la Sampdoria, dopo l’1-1 dell’andata a Genova dove aveva segnato, il talento brasiliano si accomodò da “spettatore” in panchina, soffrendo vicino ai compagni con i quali fino a qualche mese aveva conteso lo scudetto alla Juventus nella stagione della memorabile rimonta conclusasi con il drammatico epilogo sportivo della sconfitta interna contro il Lecce per 2-3 retrocesso da mesi (partita che Cerezo non giocò perché squalificato). Ebbene, con il risultato fermo sull’1-0 Cerezo entrò gli ultimi minuti e segnò di testa il gol che sancì la vittoria finale per 2 a 0 e la conquista della Coppa Italia, il giro di campo finale fu un tripudio di bandiere giallorosse in suo onore.
Smise di giocare a 43 anni, e chissà che Francesco Totti nel pensare a lui non voglia emularlo. Figlio di un clown ha saputo sempre far divertire i tifosi delle squadre dove ha giocato, destando rispetto dagli avversari, un vero professionista che “a Capodanno va a dormire presto” come veniva citato nel film “Vacanze di Natale” del 1983, un brasiliano che trascorreva le feste a casa con la famiglia da vero professionista.
Le sue parole sulla tifoseria giallorossa sono state in ricordo dei tempi andati: “Troppo buoni, troppo buoni. Non troverò mai più un pubblico affettuoso come quello di Roma: a volte, in piena partita, mi bastava alzare una mano come un direttore d’orchestra, e il coro della Sud mi rispondeva con un boato. Ho diretto l’orchestra anche da esterno quando, cioè, sono tornato a Roma con la Sampdoria; è stato veramente uno spettacolo simpaticissimo”.
Cerezo è una leggenda giallorossa, oggi anche le nuove generazioni le stimano, così i bambini come 30 anni fa corrono per farsi fotografare insieme a lui.