Passionedelcalcio.it ha intervistato Giacomo Losi, colui che per lunga militanza giallorossa è paragonabile solo a Francesco Totti e Daniele De Rossi. Il simbolo della Capitale sarà ospite martedì 10 maggio a “Football Outside the Box”. Uno sguardo alla carriera, ai giallorossi in campionato e alla Nazionale, con qualche aneddoto curioso.
Come nasce il soprannome “Core de Roma”?
Fu un’idea di Walter Chari al teatro Sistina. Mentre Rita Pavone, ospite con me, cantava “La partita di pallone” dietro di lei uscì la scritta “W Giacomino Losi Core de Roma”. Prima di diventare calciatore facevo il sarto a Soncino, in provincia di Cremona, dove è nato anche Renato Cappellini.
Per mesi si è dibattuto del caso Totti-Spalletti. Che persone sono? Le colpe sono forse della società?
Francesco oltre ad avere un bel piede ha sempre avuto testa. E’ per questo motivo che ancora oggi entra e fa la differenza. Mi chiama “Mister”. Luciano è molto severo e professionale, fa rispettare le regole. Le colpe sono state certamente della società per ciò che è accaduto.
Qual è il maggior rimpianto di questa stagione? Ce la farà la Roma ad arrivare seconda? Un rimpianto invece del passato?
Aver iniziato la stagione con Garcia. Andava messo subito Spalletti. A livello di squadra dopo la Juve ci siamo noi. Il Napoli è troppo dipendente da alcuni giocatori, ciò non toglie abbia fatto un gran campionato ed ha più probabilità di arrivare secondo. Un rimpianto del passato che non tutti sanno è che la Roma avrebbe potuto acquistare Puskas e non lo ha fatto. All’epoca poi non costava niente.
Il pregio e il difetto della tifoseria romanista?
Il troppo amore nel bene e nel male. Non c’è un equilibrio e si passa dall’esaltazione alla critica feroce.
A proposito di romani e romanisti cosa pensa dell’impresa di Ranieri?
Claudio ha fatto qualcosa di eccezionale, nonostante in Inghilterra ci vedono come fumo negli occhi e sono prevenuti. E’ riuscito a dare lo sprint giusto a tutto la squadra. Oltre che bravo è anche molto simpatico (come si vede dai video delle conferenze stampa, ndr).
Ormai siamo tutti tifosi del Leicester, ma c’è una squadra straniera che le piace particolarmente?
Il Barcellona. Veder giocare Messi è emozionante. E’ un leader silenzioso, un umile, che ricorda un po’ Sivori.
Qual è il calciatore più forte che ha visto giocare?
Di Stefano era il calcio personificato. Era un regista con gli occhi anche dietro. Toccava due volte palla e vinceva le partite da solo.
Le dispiace che l’unico trofeo internazionale vinto da lei e dalla Roma, la Coppa delle Fiere, non sia riconosciuta dall’Uefa?
Fa un po’ strano anche perché fummo la prima squadra italiana a vincerla nel 61’.
Come vede l’Italia per il prossimo Europeo? E un suo ricordo in azzurro?
Se penso alla Nazionale non posso esimermi dal dire che abbiamo un campionato con troppi stranieri. La colpa è anche dei procuratori che per facili guadagni guardano oltre i propri confini. Da questo discorso dipende la qualità mediocre rispetto al passato. Vedremo come andrà. Sono stato titolare in azzurro per 2-3 anni. Come capitano ho tenuto a battesimo Rivera, contribuendo a farlo debuttare in Belgio-Italia.
Il ricordo più bello della sua carriera?
Il gol contro la Sampdoria all’ultimo. Stavamo pareggiando 2-2 ed eravamo rimasti in 10. Mi ero strappato l’inguine e stavo giocando come ala. A 5 minuti dalla fine, non so come, con uno stacco di testa segnai il gol della vittoria. Avevo un male incredibile e mi accasciai al suolo. I compagni mi saltarono sopra perchè pensavano stessi gioendo.
In quale giocatore si rivede?
In Fabio Cannavaro per caratteristiche fisiche e tecniche. Non è alto, ma ha una bella elevazione. E’ inoltre fondamentale negli anticipi e nei recuperi.
Cosa si aspetta da Football Outside the Box?
Solo cose positive. Sono contento. Con Sormani, che è stato ospite da voi, ogni tanto vedo le partite insieme.