In un’intervista a Le Monde, l’inventore dei controversi motori elettrici nelle bici, Istvan Varjas, ha dichiarato che l’ultima versione dei motori, invisibile ai controlli UCI, potrebbe consentire all’atleta di usufruire di 15 secondi in più di potenza. I motori, di dimensioni ridotte e con centraline grandi come le batterie di uno smartphone, costerebbero circa 50mila euro secondo quanto racconta l’ingegnere ungherese: gli attuali sistemi di controllo dell’UCI non sarebbero sufficienti ad individuarli.
Varjas è scettico sui metodi usati per rivelare le anomalie magnetiche e suggerisce di pesare la ruota posteriore: “Se c’è un congegno, la ruota posteriore pesa almeno 800 grammi in più di una normale. Se questa ruota pesa due chili, allora deve essere smontata per essere controllata”.
Secondo l’ingegnere ungherese per individuare un motore nella bici di un corridore bisogna guardare la cadenza di pedalata: i piccoli motori funzionano al meglio con una cadenza alta e un rapporto basso. “Vengono attivati via Bluetooth, o attraverso un software di controllo remoto che può essere innescato all’interno delle ammiraglie che seguono le bici. Il ciclista potrebbe non esserne consapevole, e penserebbe solo che sia una buona giornata”.