Nella sua biografia “My World – La mia storia di ciclista tre volte campione del mondo Uci“, Peter Sagan ha rivelato di essere stato a un passo dal ritiro nella primavera del 2015, quando era seguito nella preparazione alla Tinkoff da Bobby Julich: “Ero completamente sfinito, e infelice. Cominciai a pensare di spegnere il cellulare o darmi malato. Era grottesco. Adoro allenarmi, ma quell’allenamento mi stava uccidendo. Morto per statistiche”, è lo stralcio riportato dalla Gazzetta dello Sport.
“Parlavamo ogni giorno. Come stai, Peter? Che hai fatto oggi, Peter? Che frequenza a riposo hai, Peter? (…) Che hai mangiato, Peter? Di che colore era la cacca, Peter? L’allenamento per me è preparazione alla gara, non un fine in sè. L’allenamento per l’allenamento: è quello che sentivo di fare con Bobby. Era ossessionato dai miei numeri. (…) Ma perfino Froome deve smettere di stare al computer e salire sui monti con gli scarpini da ciclista, ogni tanto. Basta, mi dissi. Vaffanculo, io lascio”.
La svolta arrivò poco dopo, quando il fuoriclasse slovacco si mise agli ordini di Patxi Vila e del polacco Sylwester Szmyd.