Sono passati già nove anni dal tragico incidente di Sepang che ha scioccato il mondo del motomondiale, quello in cui ha perso la vita Marco Simoncelli, campione di simpatia e talentuoso pilota. Era il 23 ottobre 2011 quando il centauro romagnolo, durante il secondo giro del Gp della Malesia, perdeva il controllo della sua Honda senza voler abbandonare il manubrio, tagliava trasversalmente la pista e veniva travolto dai diretti inseguitori, troppo vicini al numero 58 per riuscire a evitarlo.
La morte del ‘Sic’ sconvolse gli appassionati e non solo: innumerevoli le commemorazioni, dalla MotoGp stessa al mondo del calcio fino ad arrivare alla politica, passando inevitabilmente sui social network. Al suo funerale, trasmesso anche in diretta tv, parteciparono 25mila persone.
Paolo Simoncelli, padre di Marco, ha fondato un team che porta il suo nome e in un’intervista, datata ma sempre valida per efficacia, lo ha così ricordato: “Quando Marco riguardava alla televisione le sue gare diceva: ‘Ho fatto una roba da matto!'”.
“Quando è accaduto l’incidente, onestamente avevo pensato al massimo ad un’invalidità molto grave, ma non alla morte – ha aggiunto -. Mia moglie dice che quel giorno sarebbe successo in qualunque modo qualsiasi lavoro avesse fatto, e dice sempre che se avesse fatto il muratore sarebbe caduto dall’impalcatura. Io e mia moglie non abbiamo nessun rimpianto e questa è la nostra forza, perché noi abbiamo fatto tutto quello che serviva per renderlo felice. Quando Marco aveva 9 anni scrisse sul suo diario che un giorno sarebbe diventato world champion”.
“Ho cominciato con altri bambini per vivere meglio io; mi tengono impegnato e questo mi aiuta a non pensare tanto a Marco. A livello tecnico forse è più facile trovare uno che assomigli a Marco, ma a livello caratteriale ne vedo pochi. Felici di averlo avuto, felici di aver passato 25 anni stupendi e poi, e poi… Vaff…” ha concluso commosso.