Il mito di Enzo Ferrari rivive grazie all’impegno della Fondazione Dino Zoli
Il mito di Enzo Ferrari, delle iconiche vetture della Casa di Maranello e della sua storia, che coincide con il mondo delle corse, rivive attraverso curiosità, aneddoti e retroscena conditi da tanta emozione. L’occasione è stata offerta da Dino Zoli, fondatore nel 1972 dell’azienda Dino Zoli Textile e oggi guida, insieme ai figli, di un gruppo industriale che, a 50 anni di distanza, fa dell’innovazione, della quotidiana creatività, della passione per il lavoro, ma anche per l’arte e per tutto ciò che interpreta il bello, il senso profondo del proprio modo di operare e di essere.
Nella sede di Forlì della Fondazione Dino Zoli, che da anni si occupa per il gruppo di arte e cultura, alcuni dei maggiori protagonisti del motorsport, vissuto e raccontato – da Giancarlo Minardi e dall’ingegnere Luigi Mazzola ai giornalisti Pino Allievi e Leo Turrini – hanno aperto e ripercorso, di fronte ad oltre 200 ospiti appassionati, il libro dei ricordi su Enzo Ferrari, le corse ed i più iconici protagonisti di questo straordinario circus. “La mia passione per Ferrari – ha ricordato in apertura il padrone di casa Dino Zoli – nasce da bambino come per il 99,9% degli italiani. Da adulto, ho avuto la possibilità di acquistare una Ferrari stradale e da lì ho imparato a conoscere più da vicino questo fantastico mondo, finché alcune fortunate concause mi hanno permesso di comprare la Ferrari F1 2001 con cui Michael Schumacher vinse il campionato del mondo in quell’anno. Incontrai, infatti – racconta – il conte Antonini che aveva a Modena un’agenzia che vendeva vetture da corsa e in quell’occasione mi disse che la Ferrari stava creando un progetto F1 Clienti per permettere a privati proprietari di monoposto del Cavallino Rampante di partecipare ad eventi internazionali sui circuiti più prestigiosi del Mondo. Colsi quell’occasione, ed ecco oggi qui esposta questa straordinaria vettura”.
Un’altra occasione unica, Dino Zoli, l’ha colta senza indugio lo scorso agosto, ai Minardi Day. “Ero lì con mia figlia e l’ing. Roberto Grilli, General Manager della DZ Engineering, azienda che fa parte del Gruppo Dino Zoli, e venimmo a conoscenza di un’asta di oggetti del mondo delle corse. Appena vidi esposta la gabardina che era solito usare Enzo Ferrari, me ne innamorai. Tra tutti i partecipanti all’asta, rimanemmo in due, io e un americano, ma pensai che quel cimelio doveva assolutamente rimanere in Italia e così è stato”.
La gabardina è oggi esposta alla Fondazione Dino Zoli, e a salutarla, tra gli ospiti dell’evento anche l’organizzatore dell’asta, Mauro Battaglia, e Federico Canovi, l’ex proprietario, il quale commosso ha ricordato: “questo cappotto è una memoria non solo di Enzo Ferrari, per cui lavorai per diversi anni, ma soprattutto di mio nonno. Una governante di casa Ferrari, infatti, la regalò insieme ad altri indumenti a mia nonna per suo marito e dopo che mio nonno venne a mancare arrivò a me. L’ho conservata gelosamente per tanti anni, ma era tempo che tutti la potessero vedere e sono contento che sia rimasta in Italia, grazie a una persona come Dino Zoli in cui rivedo molto della passione e della lungimiranza del Drake”.
Aperto dalle note dell’Inno di Mameli e dal sentito ricordo di Ercole Baldini, il “treno di Forlì”, uno dei più forti ciclisti italiani scomparso giovedì scorso, e di Patrick Tambay, ex pilota Formula 1 anche di Ferrari, che si è spento proprio domenica, il talk è stato moderato dal giornalista Michele Mambelli, da anni speaker degli eventi del Ferrari Challenge, che ha introdotto gli ospiti, invitandoli prima di tutto a ripercorre la propria esperienza di conoscenza con Enzo Ferrari. Il fiume dei ricordi, degli aneddoti e delle emozioni ha preso il via con Giancarlo Minardi, titolare della scuderia Everest quando – il 26 novembre 1974 – venne contattato, per tramite di Luca Cordero di Montezemolo, da Enzo Ferrari che gli affidò una vettura e tutti i ricambi per correre. “Nasceva così un’esperienza al fianco del Drake e una conoscenza che sarebbe durata fino al 1988”. Nell’anno in cui veniva a mancare Enzo Ferrari, entrava in azienda l’Ingegner Luigi Mazzola, una lunga carriera con la Casa di Maranello, impreziosita da 8 titoli costruttori e 6 titoli piloti. “Non ho avuto la possibilità di conoscere Ferrari di persona, ma ho imparato a conoscere lo spirito che ha lasciato in azienda e la mentalità vincente – dice -. La Ferrari è un sentimento; le auto belle le possono fare anche da altre parti, ma lo spirito della Casa di Maranello è unico ed è quello che è determinante per essere vincenti. Ieri come oggi e domani”.
Per i giornalisti Leo Turrini e Pino Allievi, la frequentazione con Enzo Ferrari è prima di tutto legata ai circuiti e alle corse, ed entrambi tracciano i profili di “un carattere forte, un uomo consapevole del suo valore, che – ricorda Turrini – ha reso questo Paese più bello e più grande. ‘Fai disegnare una macchina a un bambino e la farà rossa’ diceva. Ferrari è diventato l’uomo che sognava di essere quando era bambino”. Leo Turrini ha ripercorso anche il legame del Drake con la Romagna, grazie alla mamma Adalgisa e l’incontro con il padre benedettino Clerici, il quale, dopo la strage alla Mille Miglia del 1956 della quale venne considerato responsabile lo stesso Ferrari, lo convinse ad andare avanti con l’azienda.
Pino Allievi, uno dei giornalisti più stimati dall’Ingegner Ferrari, ha ricordato invece i primi incontri sui circuiti, quando non ancora giornalista accompagnava Mario Poltronieri. “Enzo Ferrari mi chiese chi fossi e si ricordò di un Allievi che lavorò per due anni a Maranello come amministrativo. Da lì nacque un rapporto di frequentazione che mi porta oggi ad avere più di 39 ore di registrazioni di interviste con lui. Era un grande giocoliere della vita. Adorabile, odioso e giocoso al tempo stesso”.
Tra curiosità e racconti sul Drake, e il ricordo di tutti gli ospiti per Mauro Forghieri, l’indimenticato Ing. Furia, recentemente scomparso, “uomo semplice e sempre pronto a condividere le sue grandi competenze e la sua immensa cultura” – ricorda Leo Turrini – il talk si è spostato dal passato, al presente e al futuro del motorsport, che passa anche attraverso la sostenibilità e l’elettrico. Settori su cui molto ha da dire la DZ Engineering, che dal 2008 illumina il GP di Singapore. “Siamo partiti da zero – ha ricordato Roberto Grilli, General Manager di DZ Engineering – abbiamo costruito l’illuminazione secondo le caratteristiche del circuito e da allora di strada ne è stata fatta moltissima. Oggi a Singapore per ogni gran premio lavorano centinaia di persone chiamate a montare e smontare tutti gli impianti, oltre 7 chilometri di americane. Un impegno impressionante, che però ci ha permesso di crescere e oggi lavoriamo su linee guida illuminotecniche, mettendoci al servizio di tanti circuiti ed eventi e lavorando sempre in ottica di sostenibilità. A Ryiad e a Londra, ad esempio, illuminiamo con Led il Gran Premio di Formula E; per noi si tratta di un’occasione importante per sviluppare le nostre tecnologie, che non sono solo illuminotecnica, ma anche telecomunicazione. Dobbiamo continuare ad implementare questa strada, con l’obiettivo di arrivare ad un impatto zero entro il 2030. Per noi il green e l’attenzione all’ambiente in cui viviamo sono uno sforzo quotidiano”.
L’esperienza al GP di Singapore è diventata anche un’importante mostra fotografica, curata dalla Fondazione Dino Zoli con la direttrice Nadia Stefanel, grazie alle tavole di Flavio Mazzi, fotografo tra i più conosciuti del circus dell’automobilismo. “Nel 2008 a Singapore c’era tanta attesa anche tra noi fotografi – racconta – per capire come poteva essere fotografare un gran premio in notturna. Devo dire che è meraviglioso e assolutamente perfetto anche a livello fotografico, così come lo è per le riprese televisive”.
Dopo l’esposizione a Singapore a The Arts House e all’Ambasciata italiana, le foto che raccontano i 12 anni del gran premio “illuminato”, sono esposte ora alla Fondazione Dino Zoli, che festeggia i suoi 50 anni anche attraverso un’altra mostra fotografica: “Arte e Impresa. Dino Zoli, 50 anni di creatività”. “La Fondazione è anche un museo di arte contemporanea – spiega Monica Zoli –. Realizziamo progetti legati all’arte e alle nostre attività, che sono permeate di creatività. Questo grazie al lavoro di mio padre Dino Zoli, che ha fatto partire il tutto dalla DZ Textile, produttrice di tessuti per arredamento, e che grazie al suo amore per il lavoro e al suo spirito ha saputo realizzare questo straordinario progetto imprenditoriale che vogliamo celebrare con questa mostra e con questi eventi unici”.