Il casco per Simoncelli, le origini del colore giallo e dei vari nomignoli: Drudi svela tutto.
Il designer di fiducia di Valentino Rossi, Aldo Drudi, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha rivelato alcuni retroscena sul centauro numero 46, che a fine stagione chiuderà la sua incredibile carriera.
Una carriera a cui ha contribuito lo stesso Drudi fin dagli esordi: “Quando era un ragazzino che voleva entrare nel Mondiale lo indirizzai verso il manager numero 1, Carlo Pernat. Lo conosco da bimbo perché ero amico di suo papà Graziano e frequentavo molto la sua famiglia”.
L’aneddoto del primo casco, con il sole e la luna: “Lui lo voleva già per l’Europeo, ma promisi di farglielo solo per il suo arrivo nel Mondiale. Era giallo e nero con il sole e la luna. Quella grafica ha una storia. La fidanzata di un mio amico, Jumbo, si fece tatuare il suo profilo: Vale lo vide, gli piacque e volle che la grafica della sua luna fosse simile. Io poi ci ho aggiunto il sole con stile analogo: rappresentano il contrasto fra il giorno, il momento in cui Valentino è irrefrenabile, e la notte che ha una dimensione per lui più riflessiva”.
L’origine del colore giallo, che poi è diventato un simbolo del Dottore: “È un colore acido che mi è sempre piaciuto molto. Ai miei inizi, ricordo che nel Mondiale lo portò Kenny Roberts che aveva il casco e pure la Yamaha di quel colore. Io iniziai a fare delle personalizzazioni gialle per Kevin Schwantz e quando lui smise dissi a Vale, che stava iniziando, che poteva prenderne le consegne. Da piccolino Valentino correva infatti proprio con il casco di Schwantz con una tartaruga di pezza attaccata sopra”.
I termini ‘Rossifumi’, ‘Tribù dei Chihuahua’ e ‘WLF’: “Rossifumi nasce dall’amore di Vale per Norifumi Abe dopo un GP di Suzuka visto all’alba in tv; Chihuahua è l’importanza della sua cerchia di amici cui è legato da anni; WLF, invece, è un riferimento al nostro interesse comune per il sesso femminile, ma va visto nell’ottica bonaria di quei tempi, oggi apparirebbe diversamente”.
Uno dei caschi a cui Drudi è più legato è quello dedicato a Marco Simoncelli: “Sono legatissimo al Wish you were here dedicato a Marco Simoncelli sulla base della musica dei Pink Floyd: lo lavoravo ascoltando quella canzone e mi commossi perché fu molto toccante. Quella del Sic è stata una perdita atroce: tutti noi dopo la sua morte ci chiedevamo che senso avesse andare avanti a continuare a fare quelle cose”.
Ma ci furono anche caschi bocciati: “Uno mi è stato bocciato: riguardava il tema del quarto posto e della medaglia di legno, ma quando lui lo vide disse subito ‘non mi piace’. Fu uno shock, ma la regola è che devi mettere in atto l’idea del pilota perché per i 40 minuti di gara e anche oltre è quella la sua faccia ed è a lui che deve piacere. In quel caso l’ho dovuto rifare in modo più sfumato”.