Guido Meda ha intervistato in esclusiva Jorge Lorenzo all’interno di Talent Time su Sky Sport MotoGP.
Daniel Pedrosa ha oggi annunciato il ritiro dalla MotoGP. Tu, da connazionale e da collega che ha sempre avuto una buona relazione con lui, cosa ne pensi?
Non sempre abbiamo avuto un buon rapporto, ultimamente sì però. Io penso che a tutto il Paddock sarebbe piaciuto che Daniel continuasse più a lungo, perché vederlo guidare con quella pulizia che ha, con il suo modo di alzare la moto nelle curve lente è fantastico. Però comprendo la sua decisione, perché io nel passato ho avuto qualche momento di dubbio, mi sono chiesto se valessero la pena le pressioni e il nervosismo, tutto questo. Mi è successo, poche volte ma mi è successo.
Tu vedi il tuo lavoro come un grosso sforzo o più, quasi, come un divertimento?
Penso che, per esempio, per i piloti degli anni ’70 fosse una cosa diversa stare qua nel paddock. Guidare era più divertente all’epoca, non dovevi più prenderti cura della dieta, di quello che bevevi e non c’erano tanti media. C’erano meno gare, meno compromessi e per cui ci si divertiva di più. Però siamo fortunati a essere qua, anche se tante volte la gente da fuori vede solo il bello: lo champagne, il podio… invece poi ci sono anche le settimane che spendi in ospedale, e sono momenti duri. La pressione che senti la domenica mattina è anche molto pesante.
Tu vuoi fare una famiglia prima o poi?
Per il momento no, sono focalizzato sul Mondiale, però mi piacerebbe in futuro.
Ti frequenti con qualcuna?
Siamo lì…
Ci vai già fuori a cena?
No, per il momento no, magari prossimamente.
Ti senti una persona da grandi sfide?
Io penso di sì, penso di essere uno di quegli sportivi o persone che ha bisogno di queste sfide per superarsi, per andare più avanti. Un po’ come Ronaldo, che più lo criticano più si carica e più lavora e più migliora i propri risultati. Quindi non so se sia una buona idea per chi mi critica continuare a farlo. Però sono anche una persona sensibile, per cui qualche elogio può fare bene.
Ti feriscono anche certi attacchi?
La verità è che le mie esperienze mi hanno indurito, però posso anche piangere e essere sensibile in certi momenti.
Ad Assen sei partito fortissimo e poi sei calato. Significa un passo indietro o la pista semplicemente non era tra le migliori per la Ducati?
Non mi aspettavo di fare quella partenza e di andare in testa per tanti giri, durante tutto il fine settimana avevamo un passo da 7° o 8° posto. In gara, quando la gomma è calata, sono tornato a avere gli stessi problemi di tutto il weekend nel T4. Senza quell’ultimo settore, penso che avrei lottato per il podio o per la vittoria. Quindi diciamo che Assen è una pista particolare, per il resto posso guidare la Ducati al massimo.
Se Claudio Domenicali (Amministratore Delegato di Ducati) non avesse fatto riferimento al tuo difficile adattamento alla moto, le cose sarebbero andate diversamente?
Non è stata una singola frase, ma per come l’ambiente in generale mi vedeva, per le sensazioni che avevo. Avevo la sensazione che la Ducati avesse perso la pazienza o la fiducia e stesse cercando un altro pilota. Quindi io e il mio manager abbiamo percepito questa situazione, anche se la mia intenzione era quella di restare in Ducati, e abbiamo deciso di trovare altre strade velocemente.
Dopo il Mugello e Barcellona, non hai avuto alcun ripensamento?
È normale averlo, soprattutto dopo due vittorie consecutive e quando essere così competitivo ti è costato mesi e sforzo. Se avessimo continuato sarebbe potuto essere molto buono, però ho cambiato approccio mentale e guardo al futuro. Soprattutto se il futuro sembra buono, così come nel mio caso.
Sarebbe stato più bello vederti in Ducati ancora nel 2019 o sarà più interessante una sfida, a parità di moto, con Marquez?
In un certo senso ho un po’ di rimpianti, perché in Ducati mi hanno sempre trattato bene, non mi dimenticherò mai l’accoglienza che mi hanno riservato quando sono arrivato, e alla fine mi sono anche innamorato della moto. Mi dispiace lasciare una sfida senza averla terminata, sicuramente. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di avere tante sfide nella mia carriera, che è una cosa molto positiva. La prossima sarà molto grossa, difficile e importante, ma io non ho molto da perdere.
È facile lavorare con te, o sei uno che pretende molto?
Tutti i professionisti si arrabbiano quando le cose vanno male, vogliono sempre vincere. Io sono uno di quelli, quando manca qualcosa mi arrabbio perché foglio fare meglio e lo trasmetto alla mia squadra. Sono fortunato perché la mia squadra mi supporta e mi capisce in questo. Dopo la gara tutto torna normale.
Il tuo rapporto con Dovizioso?
Lui a volte usa il martello, a volte un altro approccio più gentile quando parla di me alla stampa. È sempre stato così, da quando correvamo in 125 e poi in 250. Io lo accetto, perché conosco Dovizioso e perché anche io ho tanti difetti. Come ho già detto, quando mi criticano mi carico di più.