Giacomo Agostini ha detto la sua sull’ipotetico passaggio di Valentino Rossi in Formula 1.
“Ho letto la battuta di Toto Wolff, il capo della Mercedes che, fra le altre cose, ha anche ipotizzato la possibilità di chiamare Valentino Rossi alla sua corte al posto di Nico Rosberg – si legge sulla Gazzetta dello Sport -. La definisco una battuta, forse una provocazione non priva di fascino. Tanto che se ne sta già parlando molto. In ogni caso, già solo il fatto che Wolff abbia fatto il nome di Valentino, oltre a quello di Jorge Lorenzo, è qualcosa che di sicuro ti può lusingare. Però, da qui a poter pensare che ci sia anche dell’arrosto oltre al fumo…”.
“Oddio, qualche anno fa Valentino ci ha anche pensato davvero a fare il grande salto, ma oggi che, nonostante la grande competitività che ancora dimostra, è a fine carriera, né lui né la Mercedes possono davvero pensare a una mossa del genere. So di cosa parlo, perché questo è qualcosa che anche io ho fatto, a mia volta dopo avere chiuso con le moto. Per la verità, quando ero ancora giovane Enzo Ferrari mi chiamò e mi propose di lasciare le moto per le auto. Ci ho pensato seriamente tre giorni e tre notti, poi mi sono detto che Dio mi aveva dato questo dono, che sin da bambino le due ruote erano tutto quello che avevo in testa, che vincevo, ero sempre sul podio, ero il numero uno. Perché avrei dovuto lasciare tutto quello, qualcosa di certo per molto di incerto? Nella vita ci dobbiamo anche accontentare. Così presi il telefono, chiamai Ferrari e lo ringraziai. Non so se, quando tra il 2004 e il 2006 Valentino fece quei test con la Ferrari e considerò di passare in F.1, abbia fatto i miei stessi ragionamenti, ma presumo di sì. Anche perché, per correre a un livello così alto ci vuole tempo per imparare, e il tempo in F.1 è proprio l’unica cosa che non c’è. Una volta Niki Lauda mi disse: “Giacomo non capisco, ho impiegato 7 anni per andare forte in Formula 1 e la gente vuole che tu vada forte in un anno”. E aveva ragione. Quando mi ritirai dalle moto provai la Formula 2. Io non sono uno come Rosberg o Stoner, ho sofferto tanto, lasciare l’amore della mia vita fu dura, e a 35 anni ero ancora giovane. Così, per dimenticare provai a buttarmi in questa nuova avventura. Però impiegai un anno a capire come lavorare sulla macchina, come essere veloce in curva. E fu pure un anno in cui sbagliai monoposto, la Chevron era troppo nervosa, andava guidata come un kart e io non padroneggiavo quella tecnica. Provai la March di Bruno Giacomelli e fui subito più veloce di mezzo secondo. L’anno dopo passai alla F.1 Aurora e mi divertii subito molto di più. Sesto, quinto, secondo… la sfortuna volle però che l’anno successivo, quando mi sentivo più pronto e competitivo, vennero introdotte le minigonne e il mio sponsor aveva appena sborsato una fortuna per due monoposto che non le montavano. E così mi ritrovai sempre
staccatissimo”.
“Però fu una bella esperienza e immagino che anche Valentino potrebbe divertirsi anche se non sarebbe mai in grado di lottare per le primissime posizioni: oggi chi arriva in F.1 non ha neppure 18 anni. Poi, però, guardi i risultati del Rally di Monza, vedi che Rossi ha vinto e ti dici: ecco perché la Mercedes lo vuole”.