Il campione di Tavullia torna sulla malattia e invita tutti a vaccinarsi.
Una battaglia complessa ma vinta, con lo spirito di campione che lo contraddistingue. In un’intervista a ‘La Repubblica’, Valentino Rossi è tornato a parlare di quando, lo scorso autunno, è stato colpito dal Covid-19, un nemico davvero difficile da affrontare.
Il campione di Tavullia inizia dal momento in cui presume sia avvenuto il contagio: “La domenica di Le Mans torno qui e vado a mangiare una pizza. Incontro questo ragazzo di Milano, ci conosciamo da tanto. E’ felice, mi racconta, ‘perché in città è un inferno ma mi sono appena arrivati i risultati del tampone: negativo’. Non so neanche se l’ho abbracciato ogli ho solo dato la mano. Però 2 giorni dopo mi telefona, ha un po’ di febbre: ahia, penso. Altri 2 giorni e mi sveglio con un mal di schiena bestiale e la temperatura alta. Alè, è andata”.
“Respiravo abbastanza bene – spiega Rossi -. Mia madre era spaventata ma eravamo attentissimi, mi lasciava da mangiare e scappava via: se lo è preso anche lei, poverina. E’ stata dura perché ero isolato da tutto. Io, che da quando sono nato è sempre una festa, perché chiunque incontro mi sorride e mi sembra di portare allegria: mi sono sentito un appestato. Un diverso. Credo di aver capito cosa sia la solitudine: non mi era mai successa una cosa del genere”.
I piloti sono già stati sottoposti alla prima dose del vaccino, e nel giro di venti giorni faranno la seconda: “Siamo dei privilegiati – ammette Valentino -. E’ successo in Qatar, dove eravamo all’inizio del mese peri test merito di un accordo tra il governo locale e i gestori del motomondiale. Con la prima dose non ho sentito nulla. Pfizer. La seconda la faccio sempre a Doha dopo la seconda gara, ai primi di aprile. Dicono che per chi è stato contagiato può esserci qualche piccola reazione: non mi interessa, è troppo importante”.
Ed è proprio da quest’ultimo punto che nasce un appello rivolto agli italiani: “Spero che lo facciano tutti e al più presto. Penso gli anziani. E ai miei genitori, che ormai cominciano ad avere una certa età. Ma anche ai ragazzi. Perché questa storia ci sta logorando. Noi della MotoGp possiamo almeno portare un pizzico di gioia, leggerezza: siamo come il calcio e la F1, un intrattenimento. La gente quando mi vede mi vuole bene perché ho fatto passare loro un sacco di domeniche belle. E ora ne avrebbe bisogno”.