“C’è una sana rivalità che farà bene ad entrambi”.
Grazie ad un eccezionale percorso nella Race 2021, Matteo Berrettini si è guadagnato il diritto di partecipare, per il secondo anno di fila, alle ATP Finals. Il tennista romano rappresenterà dunque i colori azzurri a Torino, sede della kermesse che vede affrontarsi i migliori otto dell’anno solare in corso. Com’è noto, non ci sarà Jannik Sinner, in corsa fino all’ultimo per un posto utile, ma poi stroncato dalla sconfitta contro Alcaraz in quel di Parigi-Bercy.
Proprio della rivalità col ragazzo di San Candido ha parlato Berrettini, nel corso di una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. “Con Jannik c’è un buon rapporto e una sana rivalità, che farà bene ad entrambi”, ha precisato Berrettini. “Il suo avvicinamento in classifica non mi preoccupa, anzi: mi stimola e mi dà forza”.
L’atleta ha poi parlato diffusamente della sua persona, e del suo percorso interiore: “Credo di essere quello che sembro. Ci sono stati dei momenti, in passato, in cui non mi sono piaciuto: uscivo troppo, ero single e mi divertivo, trascurando il tennis. In generale ho una buona considerazione di me stesso, certo potrei essere migliore. Una stupidaggine, che poi non lo è: mio fratello chiama tutti i giorni i miei genitori, io non lo faccio. Penso a mia madre e so quanto ci tiene. Non mi forzo, altrimenti ne uscirebbe una telefonata innaturale. Però sono i miei, mi hanno dato tutto e io li amo immensamente. Una telefonata in più potrei farla, mi dico. C’è stato un tempo in cui ho chiesto e preteso il mio spazio e a volte quello spazio diventa una distanza troppo larga. Colpa mia”, ha incalzato Berrettini.
“Scavarmi dentro è una mia specialità. Scavandomi dentro sono diventato, partendo da zero, numero 7 del mondo. È così che trovo le motivazioni extra per fare un passo in più, migliorarmi, crescere. Ci credo veramente: prima o poi voglio alzare la coppa del primo posto di uno Slam, non del secondo. Sognavo di diventare un professionista del tennis, cioè uno che vive della sua passione. Quello che non avevo considerato è tutto ciò che il ruolo porta con sé, perchè lo sport professionistico ti costringe a vivere a trecento all’ora, senza casa, sempre in albergo o in campo: faccio tanto però, a volte, mi sento come se in mano non stringessi niente”, ha concluso il romano.