Standing ovation per la storica vittoria di Federer nell’Australian Open in 5 set, 26 scambi nel punto decisivo.
Una pagina dell’epica dello sport, un violinista contro un toro, la classe e la forza, la calma olimpica dello svizzero e l’aggressività del maiorchino. Il classicismo contro l’irruenza. E poi la gestione perfetta dell’equilibrio fra corpo e mente, la disciplina di Roger nel gestire la propria carriera. A 36 anni vincere il diciottesimo titolo è poi un’impresa incredibile, un risultato che richiama la belle epoque dei gesti bianchi, come lo scrittore ha definito questo sport, in cui nel tennis la selezione non era però così capillare e si giocava nei Paesi del Commonwealth, in America, in Francia e in Italia.
Ho conosciuto personalmente Federer quand’ero nella squadra ufficiale della Coppa Davis come responsabile stampa e comunicazione. Era l’anno dopo la finale di Coppa Davis a Milano con la Svezia quando ci spianammo la strada vincendo in America la prima volta. A Neuchatel la nostra squadra non era al meglio, Federer vinse praticamente da solo. Al sorteggio dovevo curare il protocollo e come braccio destro del grande Ricci Bitti avevo avuto l’idea al momento del sorteggio per interpretare l’evento nel suo contesto di regalare una caricatura disegnata dal senese SergioManni ai giocatori e al sindaco della città ospitante. Rimane famosa la Davis di Milano con Albertini che nella vignetta di Manni in tanga tigrato ballava dentro l’insalatiera. Al sindaco piacque moltissimo e la fece appendere nel suo studio a Palazzo Marino. Per rompere il ghiaccio con Federer cercai gli spiegargli il senso della vignetta e gli dissi: “Sei un orologio svizzero, un giorno sarai più famoso del Rolex..”. A quel tempo il Rolex col cinturino di oro e acciaio era un simbolo dello status della buona borghesia milanese…
A cura di Enrico Campana