Gli Internazionali BNL d’Italia sono ormai nel pieno del loro svolgimento. I tennisti di casa, impegnati nei primi turni, hanno rivelato la presenza di un movimento ancora povero di trofei, ma vivo e presente, soprattutto in campo maschile. Al di là della conferma di Fabio Fognini, vincitore, oggi, del match contro Thiem e dei pronostici a suo sfavore; abbiamo potuto ammirare le prodezze di Marco Cecchinato, non proprio un giocatore della nuova leva, ma comunque in grande crescita, che si è ben comportato in campo con Pablo Cuevas ed ha reso difficile il cammino di David Goffin.
Abbiamo gioito per l’ottimo Matteo Berrettini, ventiduenne, che si è sbarazzato di Frances Tiafoe, astro nascente del tennis americano, visto un Filippo Baldi davvero competitivo contro Nikoloz Basilashvili e apprezzato Lorenzo Sonego, nonostante la sconfitta contro Peter Gojowczyk.
Da non dimenticare Gianluigi Quinzi, il talentuoso, ma irrequieto marchigiano, che ha ritrovato la voglia di competere persa dopo le NextGen Finals del novembre 2017.
Il termometro della FIT, in campo maschile, sta quindi misurando delle temperature più alte rispetto a qualche anno fa, in cui Fognini e Seppi erano i capisaldi di una nazionale dalla panchina corta. Questi ragazzi, quasi tutti nati nella seconda metà degli anni ‘90, possono in prospettiva crescere ulteriormente e aspirare ad occupare delle buone posizioni nel ranking mondiale.
Assai più complicata è la situazione in campo femminile.
A partire dall’esordio amaro di Camilla Rosatello, che certamente non è stato dei più facili, contro Kaia Kanepi. Le 211 posizioni di differenza tra la piemontese e l’estone si sono fatte sentire, oltre che la tensione per il debutto nel main draw di un torneo Premier così importante. Nemmeno la wild card è riuscita a galvanizzare la tennista di Saluzzo, che ha racimolato solo 3 game nell’intera partita.
Con l’addio ormai metabolizzato di Flavia Pennetta, la frattura in tentata ricomposizione tra Camila Giorgi e la federazione, l’ormai imminente ritiro di Francesca Schiavone e la prolungata crisi di Sara Errani, lunedì sul campo Pietrangeli, il pubblico di Roma ha tributato l’addio alla carriera dell’enorme Roberta Vinci. Anche Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e gli stati generali dello sport italiano, hanno salutato e ringraziato questa straordinaria campionessa: ventuno anni da professionista, dieci titoli vinti, Career Grand Slam in doppio con “Sarita”, quattro titoli con la nazionale di Fed Cup, un Collare d’Oro al Merito Sportivo conferito dal CONI e la strabiliante finale agli US Open 2015, raggiunta dopo una estenuante battaglia contro la n.1 Serena Williams. La tennista tarantina lascia una eredità immensa nelle mani di un gruppo che ancora deve compiere i passi necessari per raggiungere la maturità sportiva.
In un paio di anni, dunque, la situazione si è completamente rovesciata. Ogni ciclo ha un inizio ed una fine, e quello del tennis italiano femminile è stato carico di successi e momenti che entreranno nel librone della storia di questo sport; forse adesso, a distanza di 42 anni dal successo in Coppa Davis di Panatta, Zugarelli, Bertolucci e Barazzutti, è il momento del riscatto per il tennis maschile, anche se il livello della competizione cresce di torneo in torneo, mostrando l’ascesa di futuri campioni provenienti da ogni parte del mondo, dalla Grecia alla Corea del Sud, passando per la Germania e per il Canada.