Parola a Paolo Bertolucci
Attraverso le pagine della Gazzetta dello Sport, Paolo Bertolucci ha cercato di spiegare il problema infortuni dei tennisti: “Ai miei tempi la stagione tennistica si snodava su tempi cadenzati: si giocava da febbraio a fine novembre-inizio dicembre, e poi c’erano sei settimane canoniche da dedicare alla preparazione invernale. Durante l’anno, poi, in un paio d’occasioni, ciascuno aveva la possibilità di effettuare un paio di richiami atletici”.
Secondo l’ex tennista, oggi c’è troppo poco tempo per riposarsi: “Oggi, con un calendario compresso che ti concede appena una settimana di riposo a inizio dicembre, e a Natale ti costringe già a trasferirti in Australia, il tempo da dedicare agli allenamenti fuori dalle competizioni si è drasticamente ridotto, e quindi non mi sorprende che già a marzo il circuito conti un così alto numero di infortunati. Del resto, da tempo i giocatori chiedono insistentemente una rimodulazione degli impegni e soltanto le superstar, ormai libere da assilli di ranking e con un forziere carico di tesori, possono permettersi di scegliere con cura gli appuntamenti da onorare per non affaticare ulteriormente il fisico usurato da carriere lunghissime”.
“Tra l’altro, tutto l’avvio di stagione ormai è programmato proprio sul cemento, legandosi dunque a doppio filo alla considerazione iniziale sul poco tempo a disposizione per la preparazione invernale: insomma, occorre maneggiare lo stress fisico fin dalle prime partite. Anche il passaggio estivo dall’erba, o dagli ultimi tornei europei sulla terra, ai Masters 1000 americani sul duro è particolarmente gravoso dal punto di vista atletico, e si unisce a condizioni ambientali spesso al limite” ha concluso.