“Direi che è arrivato il momento di batterlo”.
Arriva a Wimbledon con l’invidiabile score di 33 vittorie negli ultimi 34 incontri sull’erba, Matteo Berrettini. Tutti pensavano che sarebbe servito un po’ di adattamento alla superficie, dopo tanti mes di digiuno dall’erba e soprattutto dopo lo stop per l’infortunio al polso .Macché. Due tornei – Stoccarda e il Queen’s – e due vittorie. Normale che ora Berrettini si presenti ai Championships con l’etichetta di uomo in grado di spezzare l’egemonia di Novak Djokovic all’All England Club. Etichetta che in ogni caso il romano non rifiuta affatto, anzi.
“C’è voluto del tempo perché io amassi l’erba. Il primo clic è avvenuto in Coppa Davis, India-Italia a Calcutta, playoff 2019. Il secondo l’anno scorso tra il Queen’s e Wimbledon. È un tennis diverso e insolito, che va al di là dell’aspetto tecnico”, ha esordito l’azzurro al ‘Corriere della Sera’. È un feeling totale con la superficie, la pazienza che richiede, l’accettazione del rimbalzo irregolare: è come se l’erba mi chiedesse di sentirmi emotivamente a mio agio perché si crei la connessione perfetta”.
“Sono sempre stato cauto con le parole. Ora sento che non serve più nascondermi. Sto giocando bene, scoppio di fiducia: entro nel torneo con la ragionevole certezza di poter arrivare lontano. La strada per la finale la conosco già, il sentiero è tracciato, i ricordi sono felici. Mi sento più pronto, più forte, migliore. A Parigi, Londra e New York, nel 2021, ho perso sempre da Djokovic. Direi che è arrivato il momento di batterlo”, ha detto un Berrettini carico a pallettoni.