Kevin Anderson si prende la finale di Wimbledon dopo una battaglia di sei ore e 36 minuti di partita contro John Isner, in quella che dati alla mano è stata la terza partita più lunga della storia del gioco.
Il sudafricano, primo del suo Paese ad arrivare all’ultimo atto sull’erba londinese dal lontano 1922, chiude i conti sul 3-2 con un punteggio che sembra un refuso. Ma è tutto vero: 7-6, 6-7, 6-7, 6-4, 26-24.
Sfida appassionante e sempre in bilico, come ci si poteva aspettare fin dalla vigilia. Ma i due vanno ben oltre le aspettative, giocando punto su punto già dal primo set, deciso ai punti e che si aggiudica Anderson. Stesso discorso per il set successivo, con vittoria però a Isner. Al terzo Anderson si riporta avanti con il break nell’ottavo gioco, ma subisce il ritorno dello statunitense che va sul 2-1 grazie ai vantaggi (11-9).
Quarto set al sudafricano, che poi inizia a subire la fatica e la tensione per un’impresa sempre più vicina e ottenuta dopo aver eliminato Gombos, Seppi, Kohlschreiber e Monfils prima del grande Roger Federer. Il set non vive nessun break fino al 6-6, poi Isner non riesce a chiudere in un momento favorevole. Allo statunitense viene quindi restituita la delusione di Nicolas Mahut, battuto sempre a Wimbledon nel 2010 dopo ben 11 ore e 5 minuti (spalmate su tre giorni). All’epoca fu lui a festeggiare dopo un’autentica maratona con la racchetta in mano, stavolta è il turno di un esausto Kevin Anderson. Che, comunque vada la finale, ha già scritto una pagina di storia del tennis.