Afferma di non pensare più alla possibilità di tornare nel calcio, dopo la radiazione subita, preferendo “aiutare i ragazzi che arrivano da altri paesi ad integrarsi in Italia”. Ma soprattutto sostiene di non essere l’unico colpevole per il fallimento del Parma.
Pietro Leonardi è tornato a parlare quasi due anni dopo la traumatica scomparsa del club crociato, travolto dai debiti della gestione Ghirardi. L’ex amministratore delegato del club crociato, costretto a dimettersi a settembre dopo la radiazione dal ruolo di direttore generale del Latina, è stato intervistato da ‘La Repubblica’:
“Mi preme chiedere scusa ai tifosi del Parma perché quella squadra a novembre, molto prima della crisi e dopo aver incassato tutti gli stipendi, aveva con un piede in B. Di questo mi vergogno. Per il resto no, perché io non ho mai rubato o distratto un euro della società. Il Parma non l’ho fatto fallire”.
“Quando sono arrivato io il Parma era già stato spolpato, c’erano debiti per circa cento milioni, in parte ereditati dalla gestione Tanzi, in parte fatti nei primi anni di presidenza Ghirardi con campagne acquisti scriteriate, con passivi di trenta e quaranta milioni a stagione. Il Parma era già stato spolpato. Il mio errore più grande è stato accettare di fare l’amministratore delegato, ma ero tranquillo perché c’era una “support letter”, firmata dalla mamma di Ghirardi e dagli amministratori delle sue società che veniva rinnovata tutti gli anni e che garantiva il pagamento dei i debiti”.
Si intuisce che il rapporto con Ghirardi è rimasto tutt’altro che solido…: “Nell’estate 2014 cominciai a pensare per la prima volta che sarebbe potuta finire male, eravamo stati travolti da eventi negativi. La qualificazione in Europa League ci avrebbe portato almeno 12 milioni, avevo venduto Biabiany al Milan per 8 milioni e tutti cercavano i nostri giocatori, ma per un problema di incentivi all’esodo ci hanno negato l’Europa e poi Biabiany non superò le visite al Milan. Fu un colpo durissimo, il danno decisivo. Ci siamo trovati a luglio senza soldi e senza sapere cosa fare. A quel punto Ghirardi sparì, fece solo una conferenza stampa attaccando tutti e da lì ci siamo messi contro anche le istituzioni. Annunciando le dimissioni ci creò un grave problema di gestione che ci fu fatale. Perché io non me ne andai? Annunciai le dimissioni almeno tre volte, ma le istituzioni locali mi imploravano a restare perché ero rimasto l’unico riferimento della società”.
Leonardi si dissocia anche dai contatti con i successivi, brevissimi passaggi di proprietà prima del fallimento: “Con Taci ha fatto tutto Ghirardi, io non sapevo neppure chi fosse, ero depresso. Manenti? L’ho visto una volta e mi è bastato…”.
Ma Leonardi ne ha anche per le istituzioni calcistiche nazionali. Dall’Europa League negata al lassismo pre-fallimento: “Ci hanno negato l’Europa League per un problema di incentivi all’esodo, poi Biabiany non supera le visite mediche. Bruciati 20 milioni in pochi giorni. Anzi, 33 milioni, perché nei mesi precedenti avevamo risolto tutte le problematiche con le società estere per non aver problemi con la licenza Uefa: pagati 13 milioni per chiudere tutti i contenziosi. Tavecchio è venuto a Parma da presidente della Figc a dire che non sapeva nulla, ma io andai quattro volte a casa sua a Roma per spiegargli che la situazione era drammatica, e in due di queste volte era presente anche Lotito”.
Chiusura con la giustificazione per l’”impero” di 137 giocatori a libro paga di quel Parma, alcuni dei quali diventati poi famosi (da Defrel a Lapadula), ma mai transitati per Collecchio: “Con il mercato ho portato al Parma 195 milioni, ma ci sono regole da rispettare: se volevo giocatori come Borini, Defrel, Sansone e Lapadula dovevo per forza prendere anche giocatori di categoria inferiore per mantenere buoni rapporti con i procuratori e le società al fine di prendere i giovani migliori. Ma da quelle operazioni di mercato io non ho intascato un solo euro”.